Il Regolamento Comunitario n. 1346 del 29 maggio 2000 relativo alle procedure d’insolvenza transfrontaliere è un testo normativo, che sostituisce non solo la Convenzione comunitaria del 1995, ma anche, nei rapporti tra gli stati membri dell’Unione europea, le convenzioni bilaterali e multilaterali eventualmente esistenti tra i diversi Stati. Esso pone le basi per una normativa uniforme a livello comunitario dell’insolvenza transfrontaliera.
Tuttavia, il regolamento presenta alcuni punti di criticità e problemi applicativi, in particolare quanto ai requisiti soggettivi e oggettivi ed al concetto di “centro degli interessi principali”.
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Le procedure d’insolvenza transfrontaliere e il principio di universalità
L’esigenza di realizzare il coordinamento tra ordinamenti locali in merito alla disciplina dei rapporti giuridici nelle procedure concorsuali con implicazioni transfrontaliere da alcuni anni ha determinato un intenso dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, considerando il crescente intrecciarsi di rapporti economici tra soggetti di nazionalità diverse ovvero operanti in Paesi differenti.
Nell’attuale contesto internazionale socio economico, si rafforza l’esigenza di una equa protezione degli interessi dei creditori nelle situazioni di patologia d’impresa ed in questo scenario si colloca il Regolamento 1346/2000, che trova attuazione in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, con l’eccezione della Danimarca.
Esso pone le basi per una normativa uniforme a livello comunitario dell’insolvenza transfrontaliera, agendo principalmente su tre fronti:
- l’individuazione dell’autorità competente ad aprire una procedura di insolvenza;
- l’individuazione del diritto applicabile;
- il comune riconoscimento negli Stati membri della decisione di aprire una procedura di insolvenza assunta nell’ambito di uno di essi.
Il Regolamento persegue un obiettivo di "universalità" della procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro, che colpisce i beni del debitore dovunque essi si trovino nel territorio dell’Unione e produce negli altri Stati membri i medesimi effetti previsti nello Stato di apertura, accentrando presso un solo Giudice la cognizione di tutte le ragioni di credito verso il fallito, evitando che la difformità di disciplina induca a spostare beni ovvero procedimenti giudiziari da uno Stato membro all’altro, col fenomeno del c.d. forum shopping.
Il principio di universalità appare mitigato dalla possibilità di aprire procedure di insolvenza territoriali, i cui effetti sono limitati ai beni situati nel territorio dello Stato membro ove tali procedure sono aperte.
Il Regolamento ha sostituito la Convenzione comunitaria del 1995 e le Convenzioni bilaterali e multilaterali esistenti tra i diversi Stati e, atteso il contenuto innovativo, nell’operatività si sono evidenziati punti di criticità e problemi applicativi, in particolare quanto ai requisiti soggettivi e oggettivi ed al concetto di “centro degli interessi principali”.
Applicabilità del Regolamento alle procedure meramente interne
Il Regolamento ha inciso direttamente sull’art. 9 della Legge Fallimentare italiana, dell’Unione Europea, che, anche a seguito della novella che ne ha modificato i contenuti profondamente, contiene due principi:
- il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa;
- l’imprenditore, il quale ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nel territorio della Repubblica, anche se è stata pronunziata dichiarazione di fallimento all’estero.
I rapporti tra procedura principale e procedure secondarie
Il Regolamento consente di aprire una procedura cd. principale di insolvenza nello Stato membro nel quale è situato il "centro degli interessi del debitore", titolare di un’impresa transnazionale, con effetti in tutti gli Stati membri ma anche una o più procedure cd. secondarie (e/o territoriali) in parallelo con la procedura principale nello Stato membro dove il debitore ha una dipendenza e con effetti limitati ai beni situati in tale Stato.
In tal modo:
- la decisione di apertura della procedura di insolvenza resa da un Giudice di uno Stato membro è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta;
- tale decisione produce in ogni altro Stato membro, senza ulteriori formalità, gli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura, fino a quando nello stesso non sia aperta una procedura secondaria (e/o territoriale), circostanza in relazione alla quale sorge l’esigenza del coordinamento.
Problemi applicativi, talvolta, derivano anche dalle diversità esistenti nel definire i concetti di “crisi” e di “insolvenza”; in particolare, per aprire una procedura secondaria ai sensi del Regolamento, non occorre dimostrare alcun tipo di elemento oggettivo, ma solo l’esistenza di una procedura principale.
Casi applicativi
Va rilevato che in Italia si sono avuti già diversi casi applicativi del Regolamento (Parmalat, Rover, Collins & Aickman) e che, per ridurre le difficoltà interpretative del Regolamento da parte dei professionisti che operano in tale settore, le Associazioni professionali di alcuni Paesi hanno redatto guide operative per facilitare gli aspetti operativi.
Ad esempio, il Conseil National des Administrateurs Judiciaires et des Mandataires Judiciaires, il Consiglio Nazionale Forense ed il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili hanno sottoscritto una Guida Operativa con un protocollo d’intesa sottoscritto il 7 maggio 2010 a Roma.