In sintesi, ferma la regola generale dell’imponibilità delle borse di studio, si annoverano delle discipline speciali a fattispecie esclusiva di esenzione.
Tali discipline, non possono essere applicabili per analogia come del resto ribadito dai Regolamenti Ministeriali del 05.06.1995, n. 140/E del 02.11.2000, n. 163/E.
Ulteriore problema è costituito dalle ipotesi di concorrenza impositiva dei diversi Stati, risolto dall’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni in ragione della residenza dell’Ente Erogante e della residenza del percettore.
Date le fattispecie che possono configurarsi, per la molteplicità delle variabili in gioco, si impone, nei fatti, un analisi circostanziata di ogni singolo caso in ragione delle peculiarità contenute nelle Convenzioni con i diversi Stati di cui l’Italia è parte. Per tale ragione, le considerazioni esposte di seguito sono da intendersi quali mere note di massima.
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In linea generale, le borse di studio percepite da soggetti fiscalmente residenti in Italia sono imponibili in base all’art. 50, comma 1, lett. c), del Tuir che assimila ai redditi di lavoro dipendente “le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante”.
Alla disciplina generale sopra accennata si contrappone una disciplina speciale che prevede l’esenzione per talune borse di studio. Come precisato dalle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2012 PF, infatti, “devono essere dichiarate le borse di studio percepite da contribuenti residenti in Italia, a meno che non sia prevista una esenzione specifica, quale ad esempio, quella stabilita per le borse di studio corrisposte dalle Università ed Istituti di istruzione Universitaria (Legge n. 398 del 30 novembre 1989) .
Tra le ipotesi di esenzione, ai sensi dell’articolo 6, comma 6, della legge 30 novembre 1989, n. 398, sono previste le borse di studio erogate dalle Università e dagli istituti di istruzione universitaria per:
• la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione;
• i corsi di dottorato di ricerca;
• lo svolgimento di attività di ricerca post-dottorato;
• la frequenza di corsi di perfezionamento all’estero.
In particolare, il richiamato articolo 6 prevede che alle borse di studio indicate si applicano le “disposizioni in materia di agevolazioni fiscali di cui all’articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476”, che prevede l’esenzione dall’i.r.pe.f. per le borse di studio erogate dalle regioni per la frequenza di corsi universitari.
Sono, altresì, esenti dall’i.r.pe.f., ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 447, gli specifici assegni ivi previsti per la collaborazione ad attività di ricerca in favore di dottori di ricerca o laureati in possesso di idoneo curriculum scientifico.
Da ultimo, la legge 3 luglio 1998, n. 210, recante norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, all’articolo 4 prevede l’applicazione del regime di esenzione dall’i.r.pe.f. di cui all’articolo 6, comma 6, della legge n. 398 del 1989, anche alle borse di studio per dottorato di ricerca, nonché alle borse di studio conferite dalle università per attività di ricerca post-lauream.
In ragione delle considerazioni su esposte si ritiene che le somme corrisposte a titolo di “borsa di studio” dall’Università italiana non siano soggetti all’i.r.pe.f. e non scontino obblighi dichiarativi .
Nell’ipotesi in cui la borsa di studio sia percepita all’estero, la disciplina convenzionale di cui all’art. 20 del mod. Ocse, (anche l’art. 21 delle convenzioni attualmente in vigore, ma sulla diversa fattispecie dei redditi prodotti da non residenti in dipendenza di attività di insegnamento e ricerca per cui è statuita l’esenzione nel paese in cui l’attività è svolta per un massimo di due anni), prevede generalmente l’imponibilità esclusiva nel paese di residenza del percettore della borsa di studio, a patto che, l’ente erogante non abbia sede nello stato estero di “provvisoria permanenza”.
La metodologia utilizzata per l’eliminazione della doppia imposizione è, quindi, quella dell’esenzione. Ferme le condizioni elencate, se la borsa di studio percepita rientra nelle fattispecie speciali di esenzione, non ci sarà alcun obbligo di dichiarazione ed imposizione in nessuno dei due paesi.
Nella diversa ipotesi in cui l’ente erogante abbia sede nello stato estero di “provvisoria permanenza” del soggetto percettore della borsa di studio, in questa ipotesi, è possibile che le somme erogate debbano essere dichiarate e tassate nello Stato di “provvisoria permanenza” ma, anche che, in relazione alla residenza del percettore, formino oggetto di dichiarazione nel proprio paese di origine. In questa ipotesi, la metodologia utilizzata per l’eliminazione della doppia imposizione consiste nell’attribuzione del credito d’imposta per le imposte versate a titolo definitivo all’estero, e, fino a concorrenza dell’imposta dovuta nel paese di residenza.
Per Il caso del borsista Italiano che abbia percepito da un università/soggetto equiparato estero una borsa di studio in concomitanza di un soggiorno all’estero, ai sensi dell’art. 23, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, sarà possibile ottenere l’attribuzione di un credito d’imposta corrispondente al relativo onere contributivo Italiano per la specifica tipologia di reddito prodotta all’estero ed ammontante alle imposte corrisposte a titolo definitivo nello Stato di imposizione. Il credito d’imposta, deve essere chiesto a pena di decadenza nell’anno in cui le imposte all’estero sono state pagate a titolo definitivo, ovvero deve essere recuperato in sede di conguaglio fiscale da parte del soggetto erogante.
Si segnala inoltre che per le somme ricevute in dipendenza da rapporti internazionali, in presenza dei requisiti quantitativi e qualitativi richiesti dalla legge, possono insorgere per i contribuenti residenti in Italia, obblighi relativi al monitoraggio fiscale (Mod. RW). Le sanzioni per le correlate violazioni, allo stato dei fatti, possono costituire un onere non irrisorio.