Il 10 gennaio 2012 il Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’Economia, ha emanato il decreto interministeriale che, recependo la delibera della Cassa di previdenza dei dottori commercialisti assunta il 24 maggio 2011, riconferma al 4% (in luogo del 2% come era stato applicato nelle more del decreto) il contributo integrativo dovuto dai dottori commercialisti alla relativa Cassa di previdenza. La misura ha effetto retroattivo dal 1° gennaio 2012.
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Con la delibera del 24 maggio 2011, la Cassa dei dottori commercialisti (CNPADC – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) si era pronunciata per fissare a regime il contributo integrativo ad essa dovuto dagli iscritti (quello che viene interamente addebitato al cliente in parcella) al 4%. La proroga di tale misura scadeva, infatti, il 31 dicembre 2011.
Non essendo stata ancora approvata tale delibera entro la fine dell’anno 2011 da parte dei Ministeri vigilanti (Ministero del Lavoro e Ministero dell’Economia), dal 1° gennaio 2012 tale contributo integrativo era passato dalla misura del 4% a quella originaria del 2%, con la conseguenza che tutte le parcelle emesse da tale data dovevano riportare in rivalsa al cliente il 2% a titolo di contributo integrativo.
Il 10 gennaio 2012 la delibera della Cassa di previdenza dei dottori commercialisti assunta il 24 maggio 2011 viene formalmente recepita con un decreto interministeriale del Ministero del Lavoro di concerto con quello dell’Economia.
A seguito di tale decreto, pertanto, il contributo integrativo dovuto dai dottori commercialisti alla relativa Cassa di previdenza ritorna al 4% in luogo del 2%, con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2012.
I commercialisti che hanno emesso fatture nei primi 10 giorni di gennaio applicando il contributo del 2% (nelle more del decreto), dovranno emettere una nota di debito nei confronti dei clienti per recuperare il restante 2%. Considerando il diritto di rivalsa del contributo integrativo previsto per legge a favore dei dottori commercialisti, la maggiorazione della quota contributiva è, infatti, a carico del cliente.
Questa ulteriore fattura integrativa (o nota di variazione in aumento) deve essere emessa anche ai fini Iva, in quanto il contributo integrativo è imponibile Iva (ex art. 16, D.L. n. 41/1995). Il contributo non è, invece, soggetto ad Irpef, quindi non va assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%.
Il professionista, in virtù dei rapporti con la propria clientela, può, comunque, non richiedere al proprio cliente il pagamento relativo alla maggiorazione percentuale del contributo, ma deve tenere conto del fatto che tale maggiorazione deve essere comunque versata alla Cassa, “indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore” (art. 11, comma 1, Legge n. 21/1986).
Il problema non riguarda i professionisti iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, i quali hanno continuato ad applicare il contributo integrativo nella misura del 4%.
Nel pacchetto di misure approvato dall’Assemblea dei delegati della Cassa dei dottori commercialisti il 24 maggio 2011 figurava anche l'aumento graduale dell'aliquota del contributo soggettivo minimo obbligatorio sul reddito professionale dal 10% al 12%. Essendo tale incremento vincolato alla messa a regime del contributo integrativo al 4%, anche questa novità dovrebbe diventare ora operativa. L’incremento garantirebbe agli iscritti alla Cassa montanti pensionistici più adeguati ai fini del calcolo delle pensioni con il metodo contributivo.