Va riconosciuto lo sforzo fatto dalla contrattazione e dai nostri legislatori per recepire tutte le direttive europee su salute e sicurezza. Sviluppare un’organizzazione del lavoro armonica e attenta ai temi della produttività, della competitività, della conciliazione lavoro-famiglia, in un’ottica di sicurezza e benessere organizzativo è una delle priorità individuate nella riforma del modello contrattuale, condivisa dalle parti sociali e dal Governo, dove la contrattazione decentrata è la sede più idonea - in quanto vicina ai lavoratori e alle imprese – per affrontare concretamente temi così importanti quali salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.
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L’armonizzazione degli orari di lavoro, la conciliazione e la flessibilità sono peraltro tra gli strumenti che le parti sociali hanno individuato nell’Avviso comune del Ministro Sacconi del 7 marzo scorso per nuove prassi finalizzate alla migliore flessibilità e produttività lavorativa e familiare. Gli strumenti conciliativi vanno dalle misure che riducono e/o articolano diversamente il tempo di lavoro (part-time, telelavoro, lavoro ripartito, lavoro intermittente, tipologie contrattuale ad orario ridotto, modulato e flessibile, flessibilità di orario in entrata e in uscita, banca delle ore) a quelle che favoriscono il rientro dalla maternità, alle misure di supporto, e quindi ai servizi, che liberano tempo per la cura dei componenti della famiglia.
Fermo restando il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale o orizzontale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche, nonché per i familiari che prestano loro assistenza, come previsto dalla Legge Biagi art. 46 dl 276/2003 la flessibilità si estende anche per altre fattispecie.
Questo è il caso della possibilità della trasformazione temporanea del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente almeno ai primi tre anni di vita del bambino ovvero per oggettive e rilevanti esigenze di cura di genitori e/o altri familiari, entro il secondo grado, con diritto al rientro a tempo pieno. Tutte misure che attivate a livello di contrattazione decentrata possono beneficiare degli incentivi fiscali per la detassazione del salario di produttività.
L’intesa, che rappresenta un passo in avanti delle nostre relazioni industriali, prevede l’istituzione di un tavolo tecnico per la verifica, entro 90 giorni, della possibilità di adottare nuove e buone pratiche di flessibilità, family friendly e di conciliazioni esistenti individuate dall’Osservatorio affidato appunto alla Consigliera Nazionale di parità.
Con la disponibilità delle organizzazioni sindacali e le associazioni del volontariato si è istituito un Tavolo di lavoro in data 15 marzo presso la Consigliera Nazionale di parità per esplorare insieme la disponibilità ad iniziative inerenti lo sviluppo dell’art 46 della legge 276/2003 e successive integrazioni che prevede in capo ai lavoratori e lavoratrici affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti delle terapie salvavita, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale e orizzontale.
Peraltro è da valorizzare il Manifesto per i diritti del lavoratore/lavoratrice presentato al Presidente della Repubblica nel 2008 in collaborazione con Lilt Fondazione Marco Biagi e il successivo Codice per i diritti dei lavoratori e lavoratrici affetti da patologie oncologiche elaborato da Adapt in collaborazione con Alessandra Servidori e adottato dalla Commissione Europea. Recepiscono in parte tale tematica anche Accordi di collaborazione strategica sottoscritti separatamente dalla Consigliera con INAIL, CRI, UNAR, FAVO.
La Carta per le Pari opportunità e l’uguaglianza nelle aziende già sottoscritta da numerose aziende e per ultimo l’Avviso Comune sopra citato dedicano una parte importante a strumenti e azioni che nell’ambito della contrattazione decentrata possono sostenere la permanenza sul luogo di lavoro per favorire la conciliazione e la flessibilità tra famiglia e lavoro, con particolare riguardo anche a congedi e orari di lavoro per lavoratrici e lavoratori in particolare situazione di malattia. Abbiamo elaborato come Consigliera nazionale di parità in occasione dell’iniziativa del 25 Marzo alla Fondazione Biagi con la collaborazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Lilt, Komen Italia una raccolta ragionata dei rinnovi contrattuali sia del comparto pubblico che privato che hanno inserito o rinnovato strumenti contrattuali a sostegno delle lavoratrici e lavoratori affetti da patologie gravi.
In precedenza in occasione della divulgazione del Codice Etico UE è stato monitorato con Adapt nel Comune di Milano e in grandi aziende come Roche la situazione per comprendere quanto i dipendenti di queste due strutture fossero a conoscenza della normativa in materia di diritti dei lavoratori affetti da gravi patologie e riteniamo ancora molto importante divulgare e sensibilizzare i luoghi di lavoro e le comunità sociali su questa materia ancora troppo sconosciuta.
Inoltre è già stato illustrato in occasione del Congresso Sigo la disponibilità ad intervenire sui luoghi di lavoro e nelle strutture sanitarie per prevenire gravi patologie oncologiche che colpiscono l’apparato genitale femminili.
Ecco perché un gruppo di lavoro che individuerà possibili azioni da sviluppare insieme in una logica di sussidiarietà tra OO. SS., associazioni, Consigliera per potenziare l’intervento a favore di questi lavoratori e lavoratrici.
Una proposta operativa per iniziare: impostare una piccola pubblicazione con alcune informazioni essenziali da divulgare nei luoghi di lavoro, nelle strutture sanitarie, ambulatori medici.
La coesione sociale si può garantire solo attraverso la condivisione, ed è compito delle parti e delle istituzioni dare vita e favorire un sistema concertativo capace di armonizzare e orientare le esigenze delle lavoratrici, dei lavoratori, delle imprese e degli utenti anche e soprattutto in materia di sicurezza.
Esiste però un problema tipicamente italiano e cioè il ricorso sistematico alle deroghe, introdotte di volta in volta sia sui controlli che sulle sanzioni; ricorso non vissuto come eccezione ma come prassi consolidata capace di depotenziare qualsiasi innovazione legislativa. Affermare quindi una cultura della sicurezza significa lavorare per una migliore applicazione delle norme stesse, comprese le ispezioni, i controlli e le sanzioni, oltre alla prevenzione che è l’elemento strategico della salute e sicurezza sul lavoro. Per fare buona prevenzione è necessario investire su un sistema formativo capace di considerare i cambiamenti sociali derivanti da una grande presenza di lavoratori stranieri, da una crescente presenza del lavoro femminile, soprattutto in settori particolarmente delicati capace di tenere in considerazione i nuovi trend demografici di invecchiamento della popolazione e le trasformazioni introdotte nell’organizzazione del lavoro dall’innovazione tecnologica. Vogliamo contribuire a promuovere una nuova fase della formazione alla sicurezza, in grado di farsi carico di questioni concrete e di porsi obiettivi funzionali alla tutela delle persone, del lavoro e del sistema delle imprese.
Si tratta di obiettivi e di impegni che coinvolgono le parti sociali perché dobbiamo acquisire strumenti e conoscenze sempre più avanzati in tema di sicurezza, in uno sforzo corale di conoscenza collettiva e non episodica, un apprendimento continuo per declinare i contenuti nei diversi ambiti settoriali, territoriali e aziendali di riferimento. Immaginiamo uno scambio di conoscenze e di esperienze capaci di rafforzare i saperi dell’intera organizzazione, attraverso la costruzione di un metodo e strumenti per costruire una learning organization, in una logica di condivisione virtuosa di esperienze, case histories e buone prassi, al fine di stabilire modalità innovative di apprendimento e formazione continua attraverso anche il nostro Osservatorio nazionale sulla Contrattazione.
Un puntuale resoconto di Inail dimostra che la favorevole contrazione registrata, per gli infortuni sul lavoro, denunciati all’INAIL nel triennio, 2007-2009 (-13,4%) ha riscontrato per le donne una rilevanza ben più contenuta (-2,7%). Dei circa 244 mila casi che le hanno viste coinvolte nel 2009, oltre l’80% è occorso in occasione di lavoro, quota che, seppur consistente, continua a mantenersi comunque più bassa di quella relativa agli uomini (91,4%) confermando la maggior incidenza degli infortuni in itinere per il sesso debole. Da rilevare che circa il 60% delle morti denunciate dalle donne sono da imputare proprio a questa tipologia di infortuni, che avviene nel tragitto casa-lavoro o lavoro-luogo di ristoro e viceversa. Per gli uomini la stessa incidenza scende al 24% in conseguenza della diversa distribuzione dei due sessi nelle attività lavorative più rischiose. In particolare, per le donne i settori di attività economica maggiormente interessati dagli infortuni in occasione di lavoro risultano essere quelli del terziario: Sanità (12,8%), Commercio (10,3%), Servizi alle imprese (10,2%) e Alberghi e Ristoranti (8,5%). Anche gli infortuni occorsi alle lavoratrici straniere, che rispetto al 2007 hanno registrato per l’Industria e Servizi un aumento del 3,1% (circa 23mila casi), riguardano gli stessi settori di attività economica, ma con un apporto sensibilmente diverso per quello del personale addetto ai servizi domestici (9,1% contro 0,5%).
Tra le lavoratrici italiane si infortunano principalmente le infermiere professionali (9,2%), mentre tra quelle straniere le colf e le badanti (8,5%). Nel complesso per queste due professioni lavorative si registra rispetto al 2007 un aumento degli infortuni del 3,7% anche perché, nonostante la crisi, si tratta di professioni connesse all'indispensabile servizio di cura alla persona e di gestione della casa.
Interessante è la ricerca/intervista compiuta da CISL Trasporti su un campione di 1193 lavoratrici comunque significativa se rapportata dell’ universo donne che lavorano nel settore dei trasporti che sono ben 110.000. Mentre 1/3 delle intervistate svolge un’attività impiegatizia, le altre lavorano in un ambiente esterno e quindi sono sottoposte ad un’attività logorante che si svolge anche in orario notturno. Oltre la metà del campione effettua un lavoro “organizzato in turni” che rende difficile un’organizzazione familiare.
Le donne coinvolte dimostrano un interesse elevato su argomenti relativi alla salute e sicurezza nel posto di lavoro (88,9% del campione ha dichiarato di esserne Molto/Abbastanza) anche se sondando sulla motivazione di tale interesse emerge che le intervistate mancano di una cultura di fondo su tali argomenti. Sarebbe auspicabile che tutti coloro che sono preposti ad un’attività di informazione migliorassero la comunicazione in tal senso. La scarsa conoscenza degli argomenti in questione viene evidenziata anche dalla domanda in cui l’83,4% delle intervistate dichiara di “non conoscere le disposizioni normative in tema di salute e sicurezza sul posto di lavoro”.
Ben il 74,7% delle lavoratrici di questo settore dichiarano “una sorta di disagio, malessere sul posto di lavoro” che contribuisce ad aumentare lo “stress lavoro-correlato” (citato dal 50,7%) e “fa pesare” ulteriormente i problemi legati a “disfunzioni organizzative” (46%). Queste risposte vanno collegate anche all’età delle donne intervistate che hanno ancora una vita lavorativa molto lunga davanti a loro. Una maggiore attenzione da parte delle Aziende a tali aspetti porterebbe sicuramente ad un aumento del benessere psico-fisico e ad una maggiore produttività.
Si consideri che in materia di Fondo di infortuni per le persone che svolgono lavori casalinghi operativo presso INAIL il Ministro del lavoro sta predisponendo una modifica di tale Fondo per renderne maggiormente fruibili sia la platea dei destinatari che l’accesso.