La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è prevista dal D.Lgs. n. 507 del 15 novembre 1993, con la quale si paga il servizio di smaltimento dei rifiuti effettuato dal Comune. La tassa è dovuta da chiunque occupa o utilizza locali e aree scoperte adibiti a qualsiasi uso (sono escluse le aree comuni del condominio, le aree scoperte di pertinenza o accessorie di abitazioni civili, le aree a verde e gli spazi di manovra delle aree commerciali).
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Evoluzione legislativa della disciplina TARSU
A) Dal 1993 al 1997: VIGENZA TARSU
Con la L. 23/10/1992 n. 421 fu conferita delega al Governo per la razionalizzazione delle discipline normative in materia di finanza territoriale. Tale delega portò all’emanazione del D.Lgs. del 15 novembre 1993, n. 507 (“revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”), attraverso il quale il Legislatore, pur mantenendo pressoché inalterato l’impianto generale della TARSU, ne ha ridefinito i caratteri rendendo più marcata la sua natura di “tassa”, attraverso il rafforzamento del legame tra la sua corresponsione e la prestazione del servizio pubblico di rimozione dei rifiuti.
B) Dal 1997 al 2006: VIGENZA TIA
1. 1997-1999: il 2 marzo 1997, è entrato in vigore il D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997. Lo stesso decreto, all’art. 49, contiene una norma abrogativa espressa, che così stabilisce: “La tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II dal Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 è soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5, entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2”.
Allo stesso comma la norma di cui all’art.49 stabilisce altresì l’istituzione di un regime transitorio per il graduale adeguamento da parte dei Comuni del regime di prelievo, passando dall’applicazione di un tributo non più vigente alle regole della nuova normativa in materia di gestione del servizio rifiuti.
2. 1999- 2002: nel 1999 viene emanato il regolamento (D.P.R. 158 del 27/04/1999) attuativo del D.Lgs. 22/1997. L’art. 11 del D.P.R.158/1999 rubricato “disposizioni transitorie” detta disposizioni per disciplinare il regime transitorio per il graduale adeguamento alla nuova normativa in materia di rifiuti, stabilendone inizialmente la durata massima di “tre anni”.
3. 2002-2003: la L. 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), all’art. 1, ha modificato da “tre anni” a “quattro anni” il termine di cui all’art.11 del D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999.
4. 2003-2004: il termine per l’adeguamento alla TIA di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999 è stato modificato da “quattro anni” a “cinque anni” dalla L. n. 299 del 27 dicembre 2003 (Finanziaria 2004).
5. 2004-2005: il termine per l’adeguamento alla TIA di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999 è stato modificato da “cinque anni” a “sei anni” dall’art. 1, comma 523, della L. n. 311 del 30 dicembre 2004 (Finanziaria 2005).
6. 2005-2006: il termine per l’adeguamento alla TIA di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999 è stato modificato da “sei anni” a “sette anni” dall’art. 1, comma 134, della L. n. 266, 23 dicembre 2005 (Finanziaria 2006).
C) Dal 2006 a oggi: VIGENZA CODICE DELL’AMBIENTE
7. Il 29 aprile del 2006 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 152 del 03 aprile 2006 (C. D. CODICE DELL’AMBIENTE), che all’art. 264 contiene una norma abrogativa espressa del D.Lgs. n. 22 del 05 febbraio 2010, mentre l’art. 238, comma 6, stabilisce un termine, inizialmente di sei mesi, per l’emanazione del regolamento di attuazione della nuova normativa.
8. 2006-2007: la L. n. 296 del 27 dicembre 2006 (Finanziaria 2007) ha stabilito all’art.1, comma 184, lett. a) che “ il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per il 2008”.
9. 2008-2009: il D.L. n. 208 del 30 dicembre 2008, convertito, con modificazione, dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, recante “misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” ha stabilito all’art. 5, comma 1, che “all’art. 1, comma 184, della legge 27/12/2006 n. 296, sono apportate le seguenti modifiche: a) alla lettera a), le parole: «e per l’anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e per gli anni 2008 e 2009»”.
10. 2010: manca del tutto per l’anno 2010 una norma di proroga del regime transitorio previsto dall’art.1, comma 184, della L. n. 296 del 27 dicembre 2006, così come, invece, prevista per gli anni precedenti.
E poiché l’articolo 23 della Costituzione stabilisce una riserva di legge in materia tributaria, non è più possibile per i Comuni richiedere il pagamento della Tarsu, in quanto non esiste più alcuna norma di fonte primaria che legittimi l’applicazione della relativa legge (D.Lgs. 507 del 15 novembre 1993). E pertanto gli eventuali regolamenti emanati dai Comuni e applicativi della Tarsu saranno da considerarsi, inevitabilmente, illegittimi.
L’art. 49 del D.Lgs. 22 del 5 febbraio 1997 al primo comma stabilisce che: “La tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dall’articolo 21 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 è soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5, entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2”. Pertanto, è chiara la norma nello stabilire la decorrenza dell’abrogazione del D.Lgs. 507 del 15 novembre 1993, facendola coincidere con la decadenza del regime transitorio da disciplinarsi nel regolamento di attuazione. E, dunque, è indiscutibile che la sopravvivenza della Tarsu dipenda, per legge, solo ed esclusivamente dalla sopravvivenza di un regime transitorio che la proroghi espressamente (QUOD LEX VOLUIT DIXIT).
Il D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999 è il regolamento di attuazione del D.Lgs. 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi) appena citato. All’art. 11, lo stesso regolamento disciplinava il regime transitorio, in conformità con il dettato della norma di cui al comma 5, dell’art. 49 D.Lgs. 22/1997. Tale regime transitorio stabiliva che gli enti locali erano tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione, la cui durata era fissata nel massimo, inizialmente, in tre anni. Il passaggio dalla Tarsu alla Tia del Decreto Ronchi era, dunque, obbligato e doveva essere compiuto entro il termine massimo fissato dal regolamento stesso.
Il termine prestabilito dal legislatore nell’art. 11 è stato oggetto delle seguenti proroghe da parte del legislatore (come si evince dalla tabella predisposta nell’introduzione):
1. 2002-2003: da “tre anni” a “quattro anni” dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge Finanziaria 2003);
2. 2003-2004: da “quattro anni” a “cinque anni” dalla L. n. 299 del 27 dicembre 2003 (legge Finanziaria 2004);
3. 2004-2005: da “cinque anni” a “sei anni” dall’art. 1, comma 523, della L. n. 311 del 30 dicembre 2004 (legge Finanziaria 2005);
4. 2005-2006: da “sei anni” a “sette anni” dall’art. 1, comma 134, della L. n. 266, 23 dicembre 2005 (legge Finanziaria 2006).
Nel 2006, precisamente il 29 aprile, entrava in vigore il D.Lgs. n. 152 del 03 aprile 2006, c.d. Codice dell’ambiente. All’articolo 264 dello stesso decreto appena citato, rubricato “abrogazione di norme”, il primo comma stabilisce che: “ a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza: i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. Decreto Ronchi). Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto 5 febbraio 1997, n. 22 continuano ad applicarsi sino all’entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto.”
Per l’applicazione del Codice dell’Ambiente, l’art. 238, comma 6, dello stesso D.Lgs. 152/2006 prevede l’emanazione di un regolamento di attuazione, stabilendo che: “Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le autorità interessate”. Tale regolamento, tuttavia, non è stato ancora emanato. Ed, inoltre, come si chiarirà nel prosieguo del nostro articolo, il termine per la sua emanazione è stato oggetto di un ulteriore proroga, al 30/06/2010, mediante il D.L. 194/2009, convertito dalla legge n. 25 del 26/02/2010.
Pertanto, nell’attesa del regolamento attuativo appena citato, rimaneva e rimane ferma la necessità di una proroga espressa del regime transitorio.
Nella realtà, con la legge L. n. 296 del 27 dicembre 2006 (Finanziaria 2007), viene implicitamente abrogato il regime transitorio così come previsto dall’art.11 del D.P.R. 158/1999.
Essendo stato abrogato il D.Lgs. 22/1997 dall’art. 264 del D.Lgs. 152/2006, viene infatti a mancare il fondamento della norma ex art.11 appena citata, la quale disciplinava un periodo di transizione al fine di consentire agli enti locali il graduale adeguamento e la copertura dei costi di gestione della TIA.
Infatti, l’art. 1, comma 184, lett. a) della Legge Finanziaria 2007 ha stabilito che “ il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per il 2008”.
Come si evince, dunque, dalla lettera della norma, il nuovo regime transitorio non è più finalizzato alla graduale applicazione del Decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997), oramai abrogato dal Codice dell’Ambiente, ma, al contrario, ha lo scopo di evitare soluzioni di continuità nel prelievo della tassa sui rifiuti, nell’attesa che venga emanato il regolamento di attuazione del D.Lgs. 152/2006.
Successivamente, il D.L. n. 208 del 30 dicembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, recante “misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” all’art. 5, comma 1, ha stabilito che “all’art. 1, comma 184, della legge 27/12/2006 n. 296, sono apportate le seguenti modifiche: a) alla lettera a), le parole: «e per l’anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e per gli anni 2008 e 2009»”.
Non esiste una norma di ulteriore e specifica proroga del regime transitorio anche per l’anno 2010.
Mancanza delle proroga del regime transitorio per l'anno 2010
Occorre, a questo punto, sottoporre ad un più attento esame alcune rilevanti disposizioni del Codice dell’ambiente, tra le quali quella abrogativa del D.Lgs. 22/1997 in quanto, partendo dalla loro analisi, si può meglio accertare la mancanza assoluta di una norma di proroga del regime transitorio di cui sopra anche per l’anno 2010 e, conseguentemente, si può meglio comprendere il perché dell’impossibilità, stando così le cose, di una legittima applicazione della Tarsu a partire dall’01/01/2010.
Infatti, come già chiarito, l’art. 49 aveva “soppresso” la TARSU “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio” rimandando la disciplina di questo al regolamento di attuazione. Il termine per il graduale adeguamento della TARSU alla TIA, di cui all’art. 11 del D.P.R. 158 del 27/04/1999, è stato prorogato, di anno in anno, fino al 2006 quando, in base all’emanazione del Codice dell’Ambiente, tale adeguamento non sarebbe stato più possibile, in quanto il D.Lgs. 22/1997 era stato abrogato, e pertanto non era possibile un termine per l’adeguamento da una tassa ad un’altra, entrambe soppresse da una legge successiva.
In quel caso, se non vi fosse stato alcun intervento da parte del legislatore, si sarebbe creata, come invece è successo dall’01/01/2010, la mancanza di una legge statale che legittimasse, in virtù della riserva di legge ai sensi dell’art. 23 della Costituzione (secondo il quale “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”), l’applicazione sia della Tarsu che della Tia del Decreto Ronchi, essendo stato abrogato il D.Lgs. 22/1997 che istituiva e regolava la Tia, e conseguentemente l’art. 49 dello stesso D.Lgs. 22/1997 che prevedeva l’istituzione di un regime transitorio di proroga della Tarsu. Non potendo, peraltro, un Decreto Presidenziale dettare una disciplina sopperendo alla mancanza di una legge espressa.
La funzione di evitare un eventuale vuoto legislativo è stata svolta, in quel momento, dall’art. 264 del D.Lgs. 152 del 03/04/2006 e dalla L. n. 296 del 27/12/2006 (e successiva modifica).
L’art. 264 del D.Lgs. 152 del 03/04/2006 stabilisce, infatti, che: “a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza: i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. Decreto Ronchi). Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto 5 febbraio 1997, n. 22 continuano ad applicarsi sino all’entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto.”
In virtù di quanto disposto dall’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, il quale chiarisce che: “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”, l’art. 264 stabilisce espressamente che, nonostante il c.d. Decreto Ronchi sia stato abrogato, si dovranno continuare ad applicare “i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 22/1997” e, quindi, il D.P.R. 158/1999. Pertanto, tale disposizione del Codice dell’Ambiente legittima l’applicazione dei soli criteri di determinazione della TIA, così come, appunto, previsti dal D.P.R. 158/1999.
Allo stesso modo, la proroga delle leggi istitutive della Tarsu (D.Lgs. 507 del 15 novembre 1993) e della Tia (D.Lgs. 22 del 05 febbraio 1997) è stata operata dall’ art. 1, comma 184, lett. a), della L. 296 del 27 dicembre 2006 (Legge Finanziaria 2007), e successiva modificazione (proroga al 2009, operata dal D.L. n. 208 del 30 dicembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla L.n. 13 del 27 febbraio 2009). L’art. 1, comma 184, appena citato, sancisce un regime transitorio di convivenza dei due tributi senza possibilità per i Comuni di modificare il proprio regime di prelievo fiscale. Infatti stabilisce che: “il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per il 2008”. Pertanto, i Comuni che al 2006 non avevano ancora provveduto al passaggio alla Tia, non potevano più provvedervi, e quindi continuavano ad adottare il regime di prelievo della Tarsu, nonostante l’abrogazione del relativo D.Lgs.n. 507/1993; mentre i Comuni che adottavano già il regime di prelievo della Tia continuavano ad adottarla, nonostante l’abrogazione del D.Lgs. che la disciplinava.
Pertanto, è facile concludere che, vista l’abrogazione espressa, prima del D.Lgs. 507/1993 e poi del D.Lgs. 22/1997, operata da leggi successive e in conformità con quanto previsto dall’art. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale (“Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”), la norma che disciplina il regime transitorio, contenuta nella legge n. 296/2006, è l’unica fonte normativa che legittimi l’applicazione dell’una e dell’altra legge, altrimenti inapplicabili. E quindi, la sua totale mancanza comporta senza dubbio l’illegittimità del prelievo fiscale sulla base dell’una o dell’altra legge, in quanto abrogate.
Ed infatti, per tale motivo, il D.L. n. 208 del 30 dicembre 2008, convertito, con modificazioni,dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, ne ha prorogato gli effetti anche per l’anno 2009, prevedendo la modifica nell’art. 1, comma 184, lett. a), delle parole: «e per l’anno 2008» con le seguenti: «e per gli anni 2008 e 2009»”.
Non si può affermare lo stesso, al contrario, per quanto riguarda il D.L. 194 del 30 dicembre 2009 convertito, con modificazioni, dalla L. 25 del 26 febbraio 2010. Infatti, l’art. 8 dello stesso D.L. 194/2009, come modificato dalla legge di conversione, rubricato “proroga dei termini in materia ambientale” stabilisce che:
1. All'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, il termine di cui al primo periodo e' differito al 28 febbraio 2010.
2. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: "31 dicembre 2009" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 2010".
3. All'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: "entro il 31 dicembre 2009" sono sostituite dalle seguenti: "entro il 30 giugno 2010".
3-bis. All'articolo 281, comma 2, alinea, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: "entro cinque anni" sono sostituite dalle seguenti: "entro sette anni".
4. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161, la parola: "tre" e' sostituita dalla seguente: "quattro".
4-bis. All'articolo 4, comma 1-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le parole: "1° gennaio 2009" sono sostituite dalle seguenti: "1º gennaio 2011".
4-ter. Il termine previsto dall'articolo 2, comma 7, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2008, e' prorogato al 30 giugno 2010».
Come si evince facilmente dalla lettera della norma, e tenendo sempre conto del già citato art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (“Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore), manca del tutto una modifica espressa del termine di cui all’art. 1, comma 184, lett. a) della L. n. 296 del 27 dicembre 2006, come al contrario vi era nella precedente norma di proroga, che prevedeva, come già detto, la modifica nell’art. 1, comma 184, lett. a), delle parole: «e per l’anno 2008» con: «e per gli anni 2008 e 2009»”.
Pertanto, il regime transitorio, e quindi la lettera a) del comma 184 dell’art. 1 della L. 296/2006, è inevitabilmente decaduto.
Né può assolutamente affermarsi che tale proroga sia stata operata dal terzo comma dell’art. 8 del D.L. 194/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 25 del 26 febbraio 2010, in quanto, questo modifica, unicamente, il termine entro il quale il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrà emanare il decreto attuativo del D.Lgs. 152 del 03/04/2006. Se così non fosse perché mai, allora, il legislatore del 2008 ha prorogato espressamente entrambi i termini?
La fonte legislativa a partire dal 01/01/2010
Mancando, del tutto, una norma di proroga anche per l’anno 2010 del regime transitorio secondo il quale “il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per gli anni 2008 e 2009”, viene a mancare a partire dall’01/01/2010 la fonte legislativa di applicazione del D.Lgs. 507 del 15 novembre 1993.
In seguito all’abrogazione anche del c.d. Decreto Ronchi (D.Lgs. 22 del 05 febbraio 1997), l’unica legge in vigore rimane il D.Lgs. 152 del 03 aprile 2006.
Come già evidenziato, il regolamento di attuazione del Codice dell’ambiente, tuttavia, non è stato ancora emanato (è stato, infatti, prorogato, al 30 giugno 2010, il termine per la sua emanazione dall’art. 8, comma 3, del D.L.194 del 30 dicembre 2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 25 del 26 febbraio 2010).
Pertanto, il regime di prelievo in esso previsto non è, a tutt’oggi, ancora applicabile.
Ciò nonostante, il Codice dell’ambiente risulta essere l’unica legge ancora in vigore.
A questo punto rilevano due disposizioni del D.Lgs. 152/2006:
1. La prima, già esaminata, è l’art. 264 del D.Lgs. 152/2006, il quale stabilisce l’abrogazione del D.Lgs. 22/1997, e allo stesso tempo prevede espressamente che “Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto 5 febbraio 1997, n. 22 continuano ad applicarsi sino all’entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”.
Per espressa previsione di legge, quindi, fino all’emanazione del regolamento attuativo del Codice dell’ambiente restano in vigore i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 22 del 05 febbraio 1997 ( e non anche quelli del D.Lgs. 507 del 15 novembre 1993, perché alla proroga dell’applicazione di questi provvedeva il regime transitorio).
2. La seconda è il comma 11 dell’art. 238 del D.Lgs. 152 del 2006, il quale stabilisce che: “sino all’emanazione del regolamento di cui al comma 6 ( cioè quello attuativo del Codice dell’ambiente, da emanarsi entro il 30 giugno 2010), e fino al compimento degli adempimenti per l’emanazione della tariffa, continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”.
Occorre, sempre, fare riferimento al fine di una accurata interpretazione della norma, all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (“Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”).
Infatti, il legislatore ha disposto espressamente che si applichino le discipline regolamentari vigenti, da intendersi, ovviamente, con “tutte quelle vigenti al momento dell’applicazione”, in questo caso alla data dell’01/01/2010, non avendo meglio specificato e né potendosi intendere con “vigenti al momento dell’entrata in vigore dell’articolo” e, cioè, il 29 aprile 2006, in quanto ben può succedere che, come nel caso di specie, le norme in vigore al momento dell’entrata in vigore dell’articolo siano diverse da quelle vigenti al momento in cui la norma deve essere applicata, non potendo, indubbiamente, il D.Lgs. 152/2006 riportare in vita leggi oramai abrogate.
In conclusione, l’unica disciplina regolamentare vigente, ad oggi, momento dell’applicazione dell’art. 238, comma 11, è, per espressa previsione e ai sensi dell’art 264 del D.Lgs. 152/2006, solo il D.P.R. 158 del 27 aprile 1999, e pertanto esso sarà l’unico applicabile.
In vista dell’imminente termine (prorogato dal Decreto del 17 dicembre 2009 del Ministero dell’Interno, al 30 aprile 2010) per i Comuni per l’approvazione del bilancio di previsione, termine entro il quale, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 15/12/1997, i Comuni dovranno, altresì, emanare i regolamenti per la disciplina dei tributi di propria competenza, occorre fare chiarezza, una volta per tutte, sulla problematica oggetto di questo approfondimento, al fine di evitare, l’emissione, nel 2011, da parte dei Comuni, di cartelle esattoriali nulle perché, appunto, emesse in esecuzione di un tributo non previsto dalla legge e quindi non più dovuto.
Ed è rilevante anche in quanto lo stesso art 52, rubricato “potestà regolamentare generale delle province e dei comuni”, il quale, al primo comma, attribuisce agli Enti Locali un ampio potere regolamentare per la disciplina dei tributi di propria competenza, pone, però, allo stesso tempo, dei limiti a tale potere conferito, tra i quali si possono menzionare l’impossibilità di introdurre prelievi fiscali, aventi carattere di imposta o tassa, che non siano stati attribuiti dalla legge alla fiscalità locale (articolo 23 della Costituzione, più volte citato, e spesso ignorato dalla dottrina contrastante).
Gli orientamenti della dottrina in merito alla TARSU
Alla luce di quanto fin qui precisato, si rende semplice esaminare gli orientamenti dottrinali contrari rispetto a quanto da noi sostenuto. Due in particolare, sono quelli più recenti: la posizione espressa dall’ANCI-IFEL nella circolare esplicativa del 02 marzo 2010; e quella dell’ANUTEL, espressa nell’articolo pubblicato su “ItaliaOggi” di venerdì 19 marzo 2010.
Il primo già tempestivamente da noi criticato con un commento pubblicato il 04 marzo 2010 (sul sito www.studiotributariovillani.it).
La Circolare ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) non solo non chiarisce affatto il problema, ma contribuisce a creare confusione, per i seguenti motivi:
1. Innanzi tutto, viene ribadita, all’interno dell’atto, la totale mancanza di un provvedimento normativo statale che chiarisca il quadro legislativo vigente, a conferma di quanto da noi sostenuto circa il fatto che manchi, a tutt’oggi, una legge specifica che proroghi per il 2010 il regime della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU). Inoltre, la stessa Associazione si impegna per l’emanazione di un provvedimento di legge chiarificatore e semplificatore, condizione comunque essenziale per un’applicazione, pur transitoria, ma certa ed uniforme del prelievo sul servizio rifiuti.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, il chiaro dettato della Carta Costituzionale. Infatti, ai sensi dell’art. 23 della Costituzione “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Infatti, in materia fiscale, un tributo, quale è indubbiamente la TARSU, deve essere previsto da una legge specifica e non può assolutamente essere applicato sulla base di semplici regolamenti comunali o atti amministrativi o, peggio ancora, sulla base di semplici interpretazioni dottrinarie, peraltro criticabili.
2. Inoltre, la stessa Circolare ANCI ha ribadito che il legislatore è intervenuto per 3 anni di seguito ( per il 2007, per il 2008 e per il 2009) a bloccare la possibilità di passaggio da un regime all’altro, in particolare dal regime TARSU a quello TIA, legittimando così la loro coesistenza. Ancor più, quindi, l’omissione da parte del legislatore per quanto attiene la proroga anche per il 2010 della TARSU è già di per sé eloquente e di facile interpretazione.
Questo conferma, nuovamente, non solo che il regime transitorio è venuto meno a partire dall’01/01/2010, ma anche che per l’anno 2010 nulla è previsto a livello legislativo e, pertanto, nulla risulta essere applicabile (v. art. 23 Costituzione, punto A).
3. Il tanto discusso terzo comma dell’art. 8 D.L. n. 194 del 2009, come spiegato nella parte III di questa analisi, si riferisce esclusivamente al differimento al 30/06/2010 del termine ultimo per l’emanazione del regolamento di attuazione del solo Codice dell’Ambiente. Questo non ha alcuna conseguenza sulla esistenza o meno della TARSU nel sistema normativo vigente. Comporta, invece, soltanto che, in assenza di un regolamento di attuazione, il Codice dell’Ambiente continua ad essere inapplicabile, e che, pertanto, i Comuni dovranno (e NON potranno) applicare esclusivamente la TIA, come disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997 (c.d. Decreto Ronchi), per i motivi già chiariti nella parte IV del presente approfondimento.
4. Infine, per tutto quanto sopra esposto, non è possibile affermare che i due regimi, quello della TARSU e quello della TIA, a partire dalla data 01/01/2010, possano coesistere, poiché, allo scopo di una tale coesistenza, sarebbe necessaria una precisa norma specifica che proroghi la TARSU, e che, invece, al momento non esiste. In assenza della suddetta norma, la TARSU è legislativamente decaduta al 31/12/2009, venendo meno, così, qualsiasi possibilità di coesistenza con la TIA del Decreto Ronchi.
Per quanto, invece, attiene l’articolo pubblicato dall’ANUTEL, si ritiene che, quanto esposto in quella sede sia facilmente confutabile attraverso il percorso logico da noi esplicitato nella parte IV, in merito alla interpretazione dell’art. 238, comma 11 del D.Lgs. 152 del 03 aprile 2006 e alla norma dalla quale fare discendere la legittima applicazione della Tia, quale unico tributo ancora applicabile.
Le incertezze sulla normativa TARSU
L’art. 2 della L. n. 212 del 27/07/2000 (c.d. statuto del contribuente), rubricato “chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie”, stabilisce alcune regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi in materia tributaria.
Eppure, l’incertezza è molta per quanto riguarda l’applicazione di alcune normative tributarie.
Le incertezze non riguardano solamente la normativa Tarsu. Recentemente, hanno destato una certa attenzione anche le norme che disciplinano le modalità di dichiarazione dei rifiuti per le imprese: occorre applicare il vecchio Mud del 2002 o il nuovo Mud del 2008? Oppure ancora il Sistri, il nuovo sistema di tracciamento digitale dei rifiuti industriali, che segue via satellite tutte le fasi di trasporto e smaltimento?
Come si legge nell’articolo di Paola Ficco, pubblicato sul Sole24ore del 23 marzo 2010, si richiede certezza anche per quanto riguarda il modello da utilizzare per la dichiarazione per i rifiuti 2009. Si lamenta, infatti, l’incertezza sull’applicazione del vecchio o del nuovo modello MUD. “Il 30 aprile si avvicina e sembra che il Mud (modello unico di dichiarazione) per i rifiuti 2009, debba essere compilato usando il nuovo modello (Dpcm 2 dicembre 2008) anziché quello disciplinato dal Dpcm 24 dicembre 2002. Questo, nonostante le assicurazioni che il ministero dell’ambiente ha sempre fornito sulla proroga del vecchio Mud. Sono proprio queste dichiarazioni ufficiali che hanno indotto le imprese a non attivarsi nello studio e nel rodaggio del nuovo Mud. Però, oggi, non esiste alcuna norma di proroga e la preoccupazione, soprattutto per le imprese artigiane, è altissima”.
Ed ancora, si legge nell’articolo di Alessandro Galimberti pubblicato il 24 marzo 2010 sul Sole24ore: “dopo l’allarme lanciato da Confindustria già alcuni mesi fa, da parte degli organi di governo c’era stato un impegno a intervenire, ma nel decreto mille proroghe e in quello sugli incentivi non è stata inserita la norma chiesta dalle imprese per potersi presentare alla scadenza del 30 aprile con le carte in regola”.
“La chiarezza- come si legge sul Sole24ore del 24/03/2010- è indispensabile per le aziende, non fosse altro che per i riflessi sanzionatori: anche a prescindere dalle responsabilità penali, che pure sono tutt’altro che trascurabili, si aprirebbe un versante molto impegnativo per i risvolti della 231”.
In conclusione, occorrono, senza dubbio, un insieme di riforme del sistema tributario improntate sulla chiarezza delle norme, tale da evitare qualsiasi incertezza applicativa, perché le continue norme fiscali che si intersecano e si prorogano, senza un chiaro disegno, portano ad un disorientamento che penalizza il contribuente e il legislatore, con gravi danni alle casse dello Stato e degli Enti Locali.
Per risolvere il problema è necessario, quindi, un urgente e chiaro intervento legislativo che sani il vuoto normativo e proroghi in maniera chiara e trasparente la TARSU a far data dall’ 01/01/2010.
Tutti i cittadini non sono più tenuti a pagare la Tarsu per l’anno 2010!
Se, quindi, i Comuni continuano ad applicare la Tarsu, le prossime eventuali cartelle esattoriali per il prelievo della Tarsu se riferite all’anno 2010 potranno essere impugnate entro 60 giorni davanti alla competente Commissione Tributaria e non dovranno essere pagate, poiché esternazione della riscossione di una tassa non più dovuta, in quanto non più prevista dalla legge.