Tra le disposizioni introdotte dalla cosiddetta “Manovra Estiva” (D.L. 01.07.09 n°78 convertito con modifiche dalla Legge n°102 del 03.08.2009) emerge in tutta la sua pregnanza per gli operatori economici, quella che impone nuove rigide limitazioni all’utilizzo di crediti iva in compensazione.
Le citate limitazioni hanno il fine di contrastare gli abusi in materia di utilizzo di crediti di imposta inesistenti : apparirà manifesto tuttavia, dal prosieguo della trattazione, come la portata della nuova normativa in esame non potrà che danneggiare anche le legittime “ragioni” economiche dei contribuenti onesti e rispettosi della legge.
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I nuovi limiti posti alla compensazione orizzontale dei crediti iva
Una prima modifica di rilievo è stata operata nei confronti dell’art.17 del D. Lgs.n°241/’97, norma che disciplina la compensazione orizzontale, cioè la possibilità di utilizzare i crediti derivanti dalle dichiarazioni annuali, per estinguere debiti tributari di qualsiasi natura anche relativi a tributi differenti da quello a credito, mediante utilizzo delle deleghe di pagamento (cosiddetti Modelli F24). Il nuovo dettato normativo prevede che “la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000,00 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge”.
Il credito iva che scaturisce dalla dichiarazione annuale, ovvero quello che emerge dall’istanza di rimborso o compensazione di crediti infra-annuali (modello IVA “TR” ), alla luce della nuova disposizione, non potrà più essere utilizzato a partire dal primo giorno del mese successivo al periodo di riferimento (per capirci: 1° gennaio dell’anno successivo a quello oggetto di dichiarazione, ovvero 1° aprile per il credito relativo al 1° trimestre ) , bensì solo dopo aver provveduto a presentare la dichiarazione annuale, ovvero l’istanza trimestrale, che lo evidenziano.
Pertanto, in sostanza, si potrà :
- fino a concorrenza di € 10.000,00 di credito iva disponibile, proseguire con le regole attualmente vigenti : utilizzo già a decorrere dal primo giorno del periodo (anno o trimestre) immediatamente seguente;
- per la quota che risultasse eccedente invece, al fine di poterla utilizzare in compensazione, occorrerà preventivamente presentare la dichiarazione di periodo.
Qualora il credito di cui si disponga e che si intenda utilizzare in compensazione, superi l’importo di 15.000,00 euro annui, allora non basterà più soltanto la preventiva presentazione della dichiarazione di periodo (come visto al paragrafo precedente), ma si renderà necessaria l’apposizione del visto di conformità alle predette dichiarazioni.
In alternativa, a tale visto, ma solo per le società di capitali soggette all’obbligo di revisione contabile ex art. 2409-bis del codice civile, sarà sufficiente la sottoscrizione della dichiarazione iva da parte di coloro che sono tenuti a redigere la relazione di revisione, attestante la rispondenza tra i dati riportati sulle scritture contabili e quelli riportati in dichiarazione.
Adempimenti strumentali alle nuove disposizioni
A partire dal 2010, per poter compensare il credito risultante dalla dichiarazione annuale (qualora l’importo su base annua superi i 10.000,00 euro…) sarà indispensabile aver presentato la dichiarazione. Dal momento che, evidentemente, tale novità costituisce un’ulteriore problematica da affrontare per i contribuenti, è stata altresì introdotta la facoltà di presentare la dichiarazione iva separatamente, ovvero, in via del tutto autonoma rispetto al modello unico.
Quanto precede implica, del tutto teoricamente, la possibilità, già a far data dal mese di Febbraio del 2010, di presentare in via separata la sola dichiarazione iva. Solo così i contribuenti potranno procedere alle tanto agognate compensazioni, con decorrenza dal 16 marzo 2010.
Qualora il contribuente provveda, come analizzato nel precedente paragrafo, a presentare la dichiarazione iva in via autonoma, entro il mese di febbraio, questi sarà esonerato dalla presentazione della comunicazione annuale dei dati Iva.
Aspetti sanzionatori
E’ stato disposto che, con riferimento al profilo sanzionatorio connesso all’utilizzo di crediti inesistenti (art.27,co.18, d.l. 185/2008), non trovino applicazione le fattispecie della definizione agevolata di cui al terzo comma dell’art.16, ed al secondo comma dell’articolo 17, del D. Lgs. n°472/’97.
E’ pertanto del tutto evidente che nessuna riduzione delle sanzioni applicabili sarà possibile, in funzione delle modalità e dei temi di pagamento…
Le sanzioni saranno variabili da una misura minima, pari al 100% ad una massima pari al 200% dell’importo del credito inesistente utilizzato.
La Circolare n. 1/E/2010, ha da ultimo precisato che in caso di compensazione di crediti IVA superiori a € 15.000 senza apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione IVA annuale, si applica la sanzione pari al 30% del credito indebitamente utilizzato in compensazione .
Il Visto di conformità ed i controlli ad esso propedeutici: ecco “le dolenti note”!
Come si è avuto modo di chiarire al primo paragrafo della presente trattazione, per procedere all’utilizzo in compensazione di crediti annuali di importo superiore a 15.000,00 euro, non basta la presentazione preventiva della dichiarazione, ma occorre anche che quest’ultima sia completa del visto di conformità. Quest’ultimo è stato introdotto nell’ordinamento dall’art.35, primo comma, lettera a), del D. Lgs. 241/97. Si tratta di una disposizione in vigore quindi da diversi anni, ma, a tutt’oggi, assai poco conosciuta in quanto scarsamente utilizzata nella prassi.
In sostanza la norma prevede che, su richiesta di un determinato contribuente, il professionista incaricato rilasci un visto di conformità delle dichiarazioni presentate da detto contribuente, rispetto alle scritture contabili ed alla documentazione contabile di pertinenza dello stesso.
Il Visto può essere rilasciato da commercialisti iscritti nei relativi ordini professionali, consulenti del lavoro ovvero i cosiddetti “esperti tributari” iscritti alle camere di commercio; in alternativa, come si è già avuto modo di chiarire in precedenza, con riferimento esclusivo a determinati soggetti, il Collegio Sindacale, il Revisore Unico, o la Società di Certificazione dei bilanci.
Scendendo sul piano meramente pratico, tuttavia, le difficoltà non mancheranno di certo: sarà assai complesso, per il Consulente che gestisce la contabilità, farsi riconoscere un onorario per il citato “visto”! Il cliente infatti già paga (o almeno si spera!) il compenso relativo alla tenuta della contabilità, e sarà ben arduo fargli “digerire” un nuovo ed ulteriore onere!
Né, d’altro canto, appare plausibile la soluzione di “dirottare” il cliente presso un collega; come infatti recita la circolare n°134 del 1999, “…i professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili…”.
Va evidenziato, inoltre, che per rilasciare il visto citato, non basta soddisfare i requisiti “soggettivi” esaminati poc’anzi (essere un commercialista, o un consulente del lavoro…), bensì occorre presentare apposita domanda alla DRE (Direzione Regionale delle Entrate) territorialmente competente, unendo apposita polizza assicurativa del valore di almeno € 1.032.914,00 (circa 2 miliardi delle vecchie lire) e, comunque, adeguata al numero di visti che si intendono rilasciare: la polizza deve offrire adeguata “copertura” alle eventuali denunce di sinistro che potrebbero essere presentate entro il quinquennio successivo alla chiusura del rapporto assicurativo.
Quali sono i controlli che dovranno effettuare i “temerari” che intenderanno rilasciare il visto?
La circolare n°134/E del 17.06.1999 in merito ha chiarito che “relativamente …alle dichiarazioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto…tali controlli sono finalizzati ad evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili, delle imposte… ; la verifica della regolare tenuta e conservazione delle scritture obbligatorie ai fini …dell’imposta sul valore aggiunto; la verifica della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili, e di queste ultime alla relativa documentazione”. La circolare prosegue inoltre affermando che “tale verifica non comporta valutazioni di merito, ma il solo riscontro formale della loro corrispondenza, in ordine all’ammontare delle componenti positive e negative…rilevanti ai fini…dell’imposta sul valore aggiunto…”.
Pertanto, in concreto, quali verifiche dovrà effettuare il “valoroso” che intenderà accollarsi l’onere del visto? A titolo indicativo, dovrà:
1. controllare che i registri tenuti a fini iva (corrispettivi, acquisti, vendite) esistano realmente;
2. controllare che i predetti registri siano stati regolarmente tenuti e conservati (la compilazione avviene regolarmente, con tempestività e progressività?);
3. controllare la dichiarazione iva e fare i riscontri di corrispondenza tra quanto riportato nei relativi quadri (VF –acquisti; VE – vendite; VL – determinazione del credito; VH – liquidazioni periodiche) e le risultanze dei registri citati.
Resta a mio avviso una consistente “patina” di ambiguità circa l’affermazione che emerge dalla circolare, secondo la quale i controlli da effettuare dovrebbero avere una mera natura formale…
Nella realtà operativa, esistono una quantità di ipotesi nelle quali non è affatto chiaro come dovrebbe comportarsi chi intenda rilasciare il visto ; faccio un semplice esempio :
- nel corso dei controlli preventivi di cui si è detto, capita di imbattersi in una “banale” fattura emessa da un ristorante, dove l’iva è stata integralmente detratta : cosa facciamo, controlliamo che non si tratti, ad esempio, di una spesa di rappresentanza?
Riterrei opportuno, a titolo precauzionale, farsi rilasciare una dichiarazione dal Titolare (Impresa Individuale), o dall’ Amministratore (se Società) nella quale lo stesso ci dichiara che la spesa in esame non ha natura di spesa di rappresentanza… : non si sa mai!!!