Crisi, recessione, esuberi di personale, contrazione dei consumi, inviti alla calma consapevole: di tutto e di più sui Media in questi ultimi tempi.
E sul campo di battaglia, tutti i giorni, i commercialisti cosa si trovano davvero a fronteggiare, quali azioni propositive possono contrapporre alle difese passive, allo sconforto collettivo?
Premesso che gli imprenditori sono razza tenace che venderà cara la pelle al nemico “recessione”, noi consulenti fiscali e aziendali siamo chiamati a dimostrare – con i fatti - di essere anche all'altezza di dare utili suggerimenti anche “di merito“, e non solo “di forma”, per quanto attiene alle strategie ed alle conseguenti tattiche in tema di produttività e redditività aziendale.
Possiamo farlo a pieno titolo?
Io dico di sì, ne abbiamo facoltà e competenza.
Obiettivo: uscire dalla sterile - per il cliente - presa d'atto della crisi, della diminuzione del giro d'affari, della contrazione del reddito, della constatazione dello “stato di perdita”, effettivo e “non solo” fiscale.
Non vogliamo qui entrare nella frequente iniquità - esistente o sopravvenuta - degli Studi di settore; ciò è un fatto (ce ne siamo già ben resi conto soprattutto chiudendo le dichiarazioni dei redditi dello scorso anno) e poco possiamo fare - concretamente - se non auspicare un buon senso legislativo, con timida fiducia.
Vogliamo dire: aiutiamo i nostri clienti, imprese (piccole, piccolissime, medie, anche più grandi) e professionisti, a modificare - quando il caso – l'approccio alla crisi economica in atto, consci che gli strumenti tecnico-contabili li abbiamo e le conoscenze delle dinamiche d'impresa, pure.
E dunque dedichiamo all'imprenditore una o più sessioni che analizzino e affrontino le seguenti tematiche; con un'avvertenza importantissima: sforziamoci di essere pratici e chiari il più possibili, tralasciando leggi e teorie utilissime e tuttavia, per il nostro pratico interlocutore, vaghe e poco utili.
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Redditività. Analisi di causa ed effetto. Fattori della produzione “diretti”
Affrontiamo l'argomento “
redditività delle vendite” con spirito positivo ed “impietosamente” pragmatico allo stesso tempo. “Costringiamo” gli imprenditori, ma anche perché no i liberi professionisti, a ragionare - dati alla mano (forniti spesso a nostra unica cura) sui concetti - reali e non teorici - di “quantità di pareggio”, di “margine di sicurezza” e di “leva operativa”; individuiamo i fattori di “efficienza, economicità e redditività“.
Non lesiniamo l'approfondimento dei singoli fattori.
Dobbiamo riflettere, e far riflettere, sulla struttura e sulla composizione della “filiera produttivo-operativa”; sul costo di ogni passaggio, prima ancora di stabilire quanto debba essere il prezzo di vendita del prodotto (bene o servizio).
Vedrete quante “sorprese” per l'imprenditore che esegue con voi questa analisi. Ne derivano, spesso, scenari sì magari intuiti, ma mai effettivamente verificati.
Stiamo parlando di
analisi aziendali su piccole o medie realtà.
Le aziende più grandi o anche solo più strutturate hanno il loro controllo di gestione interno solitamente ben rodato e di buona efficienza.
Le piccole aziende, invece, difettano quasi sempre di questo tipo d'analisi. La gestione dell'imprenditore individuale - o dell'amministratore - è generalmente più che sufficiente ad affrontare il mercato. Ora come ora, tuttavia, quello che sino a ieri o l'altro ieri poteva andare più che bene, potrebbe non essere più idoneo alla congiuntura.
Dicevamo dunque qualcosa sull'analisi della “
filiera”.
Suggeriamo un approccio di questo tipo: esaminiamo un preventivo significativo recente, una spedizione standard, un' evasione di un ordine consueto, un fatto insomma che abbia caratteristica di non eccezionalità e che possa quindi costituire valido e significativo modello per l'imprenditore.
Prendiamo, a mero
titolo di esempio, la fattispecie di un'attività di “arredamento chiavi in mano”, che si occupa anche del rapporto con gli artigiani “intermedi”. Può sembrare una tipologia particolare ma la utilizzeremo solo per illustrare una tipologia d'ingaggio al tema, che sarà dunque peculiare nel dettaglio applicativo e, tuttavia, non dissimile nella sostanza operativa da altre fattispecie.
L'azienda di arredamento chiavi in mano apre la “filiera” con l'”ordine”, o incarico da parte del cliente; l'ordine è, di prassi, un preventivo accettato. Può anche capitare, se il cliente è un‘impresa, di trovarsi di fronte ad un vero e proprio “capitolato”.
In ogni caso questo primo passaggio contiene quello che è il fattore “ultimo”, vale a dire il prezzo.
Salvo eccezioni e sopravvenienze - peraltro disciplinate contrattualmente - il preventivo-ordine, quando è siglato, è fissato e quindi in quel corrispettivo dovrà “stare” l'impresa, pena la creazione di uno scarso o, addirittura, nessun reddito (o perdita).
Il costo (costo del tempo impiegato per la sua redazione) può essere non significativo o più che significativo a seconda del settore. Nel caso di specie può essere anche significativo, considerato che dalla precisione del dettaglio e dalla rubricazione di tutte le più piccole voci, può dipendere il livello di redditività dell'affare.
Ricordiamoci che un approccio “moderno” del “costo del fattore tempo” , in senso generale (ovviamente non solo nel caso del tempo occorrente a redigere un preventivo), non può prescindere oltre che dal valutare correttamente il costo orario della mano d'opera (comprensivo di ogni onere accessorio complementare), dall'includere il costo-valore dell'ora lavoro dell'imprenditore.
Il fattore “diretto” del titolare va sempre aggiunto agli altri fattori della produzione in campo “risorse umane”. Ogni minuto che l'imprenditore (o professionista) dedica all'attività deve generare un fattore della produzione (seppur virtuale) che deve essere conteggiato.
Ciò perché - come è intuitivo - se Tizio dedica il suo tempo in quel dato luogo in quel singolo affare o parte di affare, non può dedicare la sua opera ad altro affare o parte di affare.
Determinando dunque il costo orario dell'imprenditore (generalmente calcolato dividendo per le ore medie annuali lavorate il reddito dell'ultimo anno) si determina il costo-vivo dell'imprenditore medesimo che - come detto - costituisce uno dei fattori della produzione.
Costo-vivo che dovrà concorrere alla formazione del prezzo di vendita, al pari di ogni altro fattore; da qui la possibilità di generare un prodotto “redditizio”. L‘esclusione di questo fattore determina, giocoforza, una sottovalutazione dalla quale discenderà un prezzo redditualmente inferiore - almeno teoricamente - al dovuto.
La fase che va dall'ordine all'evasione del medesimo può essere - verosimilmente - la seguente.
Ipotizzato che la “mission” sia quella di ristrutturare ed arredare un alloggio, di medio-grandi dimensioni, recentemente acquisito al patrimonio del cliente, la prima cosa sarà l'organizzazione del lavoro degli “artigiani intermedi”, intesi nelle figure dell'impresa edile per i piccoli ritocchi inerenti la struttura eventuali, all'idraulico, all'elettricista, al piastrellista e degli altri eventuali. Questo lavoro porterà via una certa quantità di tempo, la stima del quale costituirà fattore strategico per la finale redditività della commessa.
Vi è poi il vero e proprio ordine dell'arredamento alle case di produzione o grossisti.
I prezzi di solito sono tali che questa fase, solitamente, comporta minori sorprese e possibilità di negoziazione. Non che con gli artigiani non si possa ben negoziare; è che con questi gli imprevisti sono maggiori ed il margine, alla fine, può diminuire, anche sensibilmente.
Normalmente il fattore tempo è importantissimo per il cliente. Il rispetto nella consegna dell'alloggio ultimato - nella fattispecie - è la chiave per il rispetto del reddito teorico calcolato. La somma dei tempi occorrenti (e poi effettivamente impiegati) dei singoli artigiani, fa la somma - assieme alla consegna dell'arredamento (ad immobile ultimato per evitare magazzinaggio in casa, tempi morti e l'attivazione dello scadenziario passivo verso fornitori) del tempo stimato per la consegna.
Occorre dunque anche calcolare i tempi di montaggio, di assemblaggio e delle rettifiche ed assestamenti, sempre necessari. Per non parlare dell'assistenza "post-vendita".
Il costo (complessivo) della mano d'opera non è difficile da stabilirsi; il più difficile, in tutta questa “filiera”, è il rispetto dei tempi e, quindi, dei costi.
Più tempo perderò meno guadagnerò.
La quota “spese generali”.
Se si desidera avere un reddito occorre trasferire nel prezzo di vendita, il più possibile, quota parte dei costi generali d'impresa.
Questa dichiarazione d'intenti è lasciata, nelle piccole imprese, per lo più alla sfera intuitiva dell'imprenditore il quale, non raramente, fissa il prezzo senz'altro ad una livello redditizio, ma spesso lo fa più per adeguarsi al mercato che per consapevolezza tecnica.
Potremmo dire che un sistema vale l'altro e ciò è vero, purché si “guadagni”: tuttavia più la forbice si stringe meno il mercato consente di manovrare, e più è necessario che io - imprenditore - sappia se il prezzo fissato o concordato sia, alla fine, per me redditizio ed in qual misura.
Le spese generali - oneri finanziari qui al momento esclusi - sono i più vari e non è il caso di soffermarcisi in questa sede.
La capacità o la possibilità di - percentualmente - spalmarli nella determinazione del preventivo e nell'accettazione dell'ordine, ripeto, fa la differenza.
La componente complessiva, nel caso esaminato ad esempio, di tutti i fattori della produzione (costo del tempo, costo puro del prodotto, costo delle imprese propedeutiche al “confezionamento” del prodotto, costo degli imprevisti, costo del titolare e valore aggiunto o guadagno lordo) qualora sia oggetto di una consapevole analisi cliente-commercialista, non può che contribuire alla presa di coscienza sullo "stato" dell'impresa e sulla possibilità di modificare atteggiamenti non idonei o palesemente non redditizi.
E che oggi non ci si possa - più di ieri - permettere errori o inconsapevolezze, è un dato certo.
La "puntigliosità" ed il pragmatico esame dei dati deve contraddistinguere la nostra consulenza. Più riusciamo ad essere precisi, in ciò facendoci seguire dal cliente, e migliore sarà il risultato della nostra opera.
Non è tempo mal speso quello di far ragionare l'imprenditore sulla necessità di questo o quel passaggio e sulla carenza, magari, di qualche altro passaggio.
L'analisi dei tempi morti, delle duplicazioni di mansioni, delle singole attribuzioni di ogni addetto, della economicità di servirsi da quella o di altra ditta fornitrice: sono tutti elementi nei quali la nostra consulenza aziendale può spaziare.
Poco o nulla a che fare con la consulenza fiscale o amministrativa e tanto meno contabile.
E' un approccio diverso e, in molti casi, nuovo.
Ma è la nostra proposta, come consulenti, per tenere il passo alla recessione.