Nella gestione della crisi d’impresa ( D.lgs 169/2007 che modifica il D.lgs 5/2006 ) gli strumenti oggi disponibili sono:
-
stragiudiziali, come i piani di risanamento attestati e gli accordi di ristrutturazione dei debiti;
-
giudiziali, come il concordato preventivo.
Il professionista può assumere molteplici posizioni:
- interno all’impresa, responsabile dell’accompagnamento dell’imprenditore in crisi, della scelta e della preparazione del percorso eletto, a seguito dell’analisi delle cause della crisi;
- esterno, quale “attestatore” dei piani (di risanamento, di ristrutturazione dei debiti, di concordato preventivo)
L'articolo continua dopo la pubblicità
PIANO DI RISANAMENTO “ATTESTATO”
- Non è previsto un procedimento, né domanda formale, né il debitore deve chiedere ai creditori una moratoria: non è una procedura concorsuale perché non è richiesta la partecipazione dei creditori.
- Si deve trattare di un imprenditore commerciale in stato di insolvenza assoggettabile a fallimento.
- Il piano deve consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, la cui ragionevolezza deve essere attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili.
- Rispetto all’accordo di ristrutturazione dei debiti ed al concordato preventivo, il suo contenuto può essere più ampio, seppure non può mancare un nesso logico degli elementi patrimoniali, economici ed aziendali rispetto alla realizzabilità del piano ed allo scopo perseguito.
- Completa assenza di pubblicità e di verifica preventiva da parte dei creditori, né da parte del tribunale al quale potrà esserne rimesso un giudizio di ragionevolezza del piano solo se, dichiarato il fallimento, è stata esercitata l’azione revocatoria fallimentare delle garanzie, atti e pagamenti posti in essere in esecuzione del piano stesso. Giudizio che, rispetto all’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, assume un contenuto estraneo alla procedura ed è solo strumentale all’esenzione dalla revocatoria.
- Caratterizzato da minor pubblicità e da ampi e flessibili margini di manovra con i creditori ma da elevato costo (ciò lo rende sconsigliabile alle piccole imprese) e dal rischio di effetti protettivi molto attenuati. L’unico effetto protettivo in realtà è rappresentato dall’esenzione, in caso di fallimento e cioè di esito infausto del piano, dall’azione revocatoria fallimentare degli atti, pagamenti e garanzie concessi su beni del debitore posti in essere.
- Il piano non può essere ridotto a mera rinegoziazione (nei tempi, modalità, ed entità dei pagamenti), dovendo perseguire l’obiettivo di un corretto bilanciamento tra fonti di finanziamento ed impieghi. Pertanto il professionista, al fine della valutazione della ragionevolezza, deve attestare la veridicità dei dati aziendali, previa verifica della documentazione e acquisizione di informazioni utili.
Nel controllo del piano l’esperto deve poi evidenziare i profili di discontinuità rispetto alla pregressa gestione imprenditoriale responsabile dell’indebitamento da risanare e illustrare i punti qualificanti il piano e le ragioni che ne supportano la fattibilità.
Deve poi indicare l’esistenza di risorse finanziarie, in funzione della tutela dei creditori.
Talvolta l’esperto presta anche attività di monitoraggio del piano, ma mai interviene nella gestione dello stesso.
Il professionista ha il compito di:
- accertare la ragionevolezza nel piano attestato;
- accertare la fattibilità e la certezza del pagamento dei creditori estranei negli accordi di ristrutturazione dei debiti;
- la veridicità dei dati aziendali e la realizzabilità del piano nel concordato preventivo.
L’attività richiesta deve pur sempre consistere in un’indagine retrospettiva e contabile della situazione economica e finanziaria dell’impresa ed in una sua corrispondenza ai dati reali.
Dubbi sulla Figura: autonoma ed indipendente o ’elaborazione tecnica a sostegno della soluzione proposta dalla parte.
- Se non raggiunge lo scopo, si dà vita ad altra procedura concorsuale e dall’insuccesso dell’iniziativa non deriva alcuna conseguenza diretta.
ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE
- Connotato da pubblicità (pubblicazione dell’accordo presso il registro delle imprese), richiede l’intervento dei creditori e la loro adesione (almeno il 60% dei crediti), consente il soddisfacimento non integrale anche di quelli assistiti da un diritto di prelazione, tutela il diritto di coloro che non aderiscono all’accordo e ne garantisce l’integrale pagamento, limita il piano ad una ristrutturazione dei debiti, assicura l’esonero dalla revocatoria delle garanzie , dei pagamenti e degli atti compiuti in esecuzione dell’accordo, richiede un intervento del tribunale che pronuncia l’omologazione e decide sulle opposizioni proposte dai creditori.
- Professionista: qui ha responsabilità più estesa perché non deve preoccuparsi solo di accertare che la situazione economica e finanziaria rappresentata sia corrispondente ai dati reali e ne assicuri il risultato, ma anche che i creditori estranei all’accordo possano essere integralmente soddisfatti. La sua attività concerne un’attenta e rigorosa verifica dell’attuabilità dell’accordo, con riferimento particolare alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori non aderenti.
- La relazione del professionista deve dare esaustiva informazione e ragione della composizione dei debiti, della natura e dei tempi di realizzazione degli accordi conclusi e delle risorse disponibili per la sua attuazione, con illustrazione dei tempi ad essa necessari.
- Giudizio di omologazione: entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il Tribunale, dopo aver deciso le opposizioni, procede all’omologazione. Il tribunale non può farsi carico solo di un mero controllo della regolarità formale degli adempimenti processuali, ma deve svolgere un giudizio di merito, cioè verifica sostanziale dell’attuabilità del piano e dell’idoneità dello stesso a garantire i creditori estranei.
CONCORDATO PREVENTIVO
- Sottoposto a un maggiore controllo del potere pubblico (tribunale e commissario giudiziale): remora più forte al suo accesso, per la sostanziale irreversibilità di effetti pubblicitari e di fuoriuscita del controllo della crisi dall’ambito prettamente negoziale.
- Anche qui sono i professionisti e i consulenti interni dell’imprenditore a valutare l’opportunità e la concreta modalità di percorso concordatario, in relazione alla composizione del ceto creditorio, al livello e alla qualità dell’indebitamento, al valore aziendale e alla capacità di acquisizione di nuova finanza.
Il compito del professionista consiste nella redazione di una relazione attestante:
-
La veridicità dei dati aziendali, garantendone l’esattezza, con illustrazione dei criteri e delle metodologie seguite nel procedimento di revisione.
-
La fattibilità del piano, illustrando il percorso di ristrutturazione o soddisfazione dei creditori, con indicazione delle risorse finanziarie ed economiche, esprimendo un giudizio professionale di alta probabilità e quindi di ragionevolezza.
L’imprenditore ha facoltà di introdurre nel piano la suddivisione dei creditori in classi, ma stabilisce anche che possa omettersene e configura un giudizio di ammissione fondato sull’esistenza dei presupposti e sulla correttezza delle classi, ove previste.
I creditori assistiti da un diritto di prelazione devono essere soddisfatti integralmente, salvo dichiarazione di rinuncia alla preferenza, ma legittima il soddisfacimento parziale delle loro pretese in corrispondenza di un’insufficiente capienza dei beni e dei diritti vincolati.
Procedura sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
Il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa.