Il contratto di lavoro a tempo determinato è stato oggetto, nell’ultimo periodo, di continui aggiustamenti che hanno profondamente rivisto la materia.
La prima modifica è intervenuta con legge 247/2007 in base alla quale si afferma che “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato”, pertanto la fattispecie “ordinaria” nei rapporti di lavoro subordinati è rappresentata dal contratto a tempo indeterminato.
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CARATTERISTICHE DEL CONTRATTO A TERMINE
Il contratto a termine definisce un rapporto di lavoro diverso da quello a tempo indeterminato in quanto prevede una scadenza, scadenza che non può essere per usufruire di un periodo di prova più lungo o per risolvere più facilmente il rapporto di lavoro, ma deve essere motivata da ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Altre novità sono state introdotte dalla
legge 133 del 6 agosto 2008; le principali riguardano le conseguenze dei contratti di lavoro a termine illegittimi nelle ipotesi di stipula in violazione delle norme sull’assunzione (insussistenza di una ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo) e sulla proroga (insussistenza delle ragioni oggettive riferibili alla stessa attività per la quale è stato stipulato a termine il primo contratto).
Con la citata legge 133/2008 le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo possono riferirsi anche alla ordinaria attività del datore di lavoro purché riconducibili al concetto di temporaneità temporale e non strutturale.
Spetta al datore di lavoro l’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’assunzione a termine e l’eventuale proroga del termine stesso.
Il termine deve risultare dalla lettera di assunzione nella quale devono essere specificatamente definite le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e la durata. Una copia dell’atto scritto deve essere consegnata al lavoratore.
Il termine può essere apposto tramite l’indicazione di una data finale certa, oppure motivando la cessazione del rapporto in relazione ad uno specifico evento (esempio rientro del lavoratore sostituito per maternità, malattia, ecc.).
La normativa consente la
proroga del contratto solo quando la
durata iniziale è inferiore a tre anni e con il consenso del lavoratore. La proroga è ammessa
una sola volta sulla base di ragioni oggettive e a condizione che la durata complessiva del rapporto a termine non sia superiore a 36 mesi.
E’ comunque possibile un’ulteriore proroga oltre detto limite a condizione che la stipula avvenga presso la Direzione Provinciale del Lavoro, con l’assistenza del sindacato.
Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, ed al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Oltre il ventesimo giorno, in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, e oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. Se il lavoratore viene riassunto a termine entro i dieci giorni dalla scadenza di un contratto a termine fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla scadenza di un contratto superiore a sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
Anche il contratto a termine può prevedere un
periodo di prova, che deve risultare per iscritto, durante il quale il datore di lavoro e il lavoratore possono interrompere il rapporto senza alcun preavviso con il solo obbligo della comunicazione scritta e della retribuzione per le ore lavorate.
Il datore di lavoro può recedere dal contratto prima della scadenza del termine esclusivamente in presenza di giusta causa (comportamento del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto).
In caso di recesso illegittimo da parte del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni dovute fino alla scadenza del termine originariamente prevista, compreso i contributi previdenziali (INPS).
Il contratto di lavoro a tempo determinato
non è ammesso nei seguenti casi:
- per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
- per l’assunzione di lavoratori presso unità produttive nelle quali si sia preceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato;
- per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs n. 626/1994 e successive modifiche.
Il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate nei rapporti a termine (fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi).
Al lavoratore a tempo determinato devono essere applicate le
normative e i trattamenti economici che spettano ai
lavoratori a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato. Inoltre, al lavoratore assunto con contrato a tempo determinato dovrà essere data una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro e per aumentarne la qualificazione e migliorare la mobilità occupazionale.