Speciale Pubblicato il 21/04/2008

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La nuova normativa antiriciclaggio e i suoi effetti sul piano della lotta all’evasione fiscale

di Avv. Maurizio Villani

Prevenzione dell’uso del sistema finanziario finalizzato al riciclaggio di denaro sporco e finanziamento di attività terroristiche



Il D.Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007, nel recepire la III direttiva del Parlamento e del Consiglio n. 2005/60/Ce del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario finalizzato al riciclaggio di denaro sporco e finanziamento di attività terroristiche, ha altresì riordinato l’intera materia, per cui è stato abrogato il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, il quale recepiva i primi obblighi antiriciclaggio in capo ai professionisti.

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I NUOVI OBBLIGHI ANTIRICICLAGGIO

Il D.Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007, nel recepire la III direttiva del Parlamento e del Consiglio n. 2005/60/Ce del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario finalizzato al riciclaggio di denaro sporco e finanziamento di attività terroristiche, ha altresì riordinato l’intera materia, per cui è stato abrogato il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, il quale recepiva i primi obblighi antiriciclaggio in capo ai professionisti (1).

L’ambito di applicazione soggettiva della normativa sull’antiriciclaggio è definito dall’art. 12 del D.Lgs. n. 231 del 2007, che al primo comma dispone quanto segue:

1. Ai fini del presente decreto per professionisti si intendono:
  1. i soggetti iscritti nell'albo dei ragionieri e periti commerciali, nell'albo dei dottori commercialisti e nell'albo dei consulenti del lavoro;
  2. ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi;
  3. i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
    1) il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche;
    2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
    3) l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
    4) l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società;
    5) la costituzione, la gestione o l'amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi;
  4. i prestatori di servizi relativi a società e trust ad esclusione dei soggetti indicati dalle lettere a), b) e c).
Una volta definito il concetto di professionista, rilevante ai fini della normativa antiriciclaggio, è bene soffermarsi sul singolo contenuto dei relativi obblighi.

Per i professionisti, appunto, vige un triplice obbligo.
  1. Obbligo di adeguata verifica della clientela (art. 16)
    Tale obbligo sorge in presenza di prestazioni, anche occasionali, aventi ad oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore pari o superiore a 15.000 € (prima il limite era 12.500 €). L’obbligo de quo sussiste anche in presenza di prestazioni indeterminate o indeterminabili e, a tal proposito, il Legislatore ha ritenuto operazioni di valore non determinabile la costituzione, gestione o amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi.
    Inoltre, a prescindere dal superamento della soglia di 15.000 €, il professionista è tenuto all’adeguata verifica della clientela ogni qual volta vi sia il sospetto di una operazione finalizzata al riciclaggio o al terrorismo.
    Il contenuto dell’obbligo di verifica de quo è disciplinato dagli artt. 18 e 19 del D.Lgs. n. 231/2007. In particolare, l’art. 18 prescrive al professionista di:
    a) identificare il cliente e verificarne l'identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;
    b) identificare l'eventuale titolare effettivo e verificarne l'identità;
    c) ottenere informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto continuativo o della prestazione professionale;
    d) svolgere un controllo costante nel corso del rapporto continuativo o della prestazione professionale.

  2. Obbligo di registrazione (art. 36)
    In base a tale obbligo, i professionisti devono conservare i documenti e registrare le informazioni acquisite per poter assolvere all’obbligo di adeguata verifica di clientela. Tali adempimenti sono funzionali ad eventuali indagini relative ad operazioni antiriciclaggio o al finanziamento del terrorismo che potranno essere effettuate dall’UIF o da altra autorità competente. I dati e le informazioni ivi registrate sono sempre utilizzabili anche ai fini di eventuali controlli fiscali.
    Il legislatore ha previsto, altresì, un limite temporale di dieci anni per la tenuta e la conservazione dei documenti e dei dati richiesti per assolvere all’obbligo di adeguata verifica del cliente, nonché per la conservazione delle scritture e registrazioni inerenti alle operazioni effettuate per il cliente. Tale limite decorre dalla fine del rapporto continuativo con il cliente o dal momento in cui si è conclusa l’operazione professionale.
    La normativa, peraltro, dispone che le operazioni relative all’instaurazione del rapporto, ai dati anagrafici del cliente e al riferimento alle operazioni di importo pari o superiori a 15 mila €, debbano essere registrate in modo tempestivo, ossia non oltre il trentesimo giorno successivo al compimento dell’operazione ovvero dall’apertura o chiusura del rapporto professionale, termine da ritenersi assolutamente perentorio, in quanto una volta decorso si configura il reato di tardiva registrazione, di cui all’art. 55, comma 4, del D. Lgs. n. 231/2007.

    Da qui discende l’obbligo per i professionisti di istituire un Archivio Unico informatico oppure un registro cartaceo della clientela ai fini di antiriciclaggio (art. 37), all’interno del quale conservare i dati identificativi del cliente (2) .

  3. Obbligo di segnalazione dell’operazione sospetta (art. 41).
    In primo luogo, è bene chiarire come tale obbligo non comporti una violazione del dovere del segreto professionale, penalmente sanzionata dall’art. 622 del c.p., poiché la segnalazione dell’operazione sospetta è imposta proprio dalla legge e, quindi, la fattispecie penale risulta scriminata (3).
    In base all’art. 41, 1 comma, del D.Lgs. n. 231 del 2007, “i professionisti inviano una segnalazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo” (4).
    Tale segnalazione deve essere inviata all’UIF (5) o in alternativa all’Ordine Professionale di appartenenza.
    La norma succitata, inoltre, fornisce i canoni in base ai quali si deve ritenere che un’operazione sia sospetta.
    In particolare, il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell’operazione o da qualsivoglia conosciuta ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell’ambito dell’attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico.
Al fine di fornire un ausilio ed un parametro concreto nell’attività di segnalazione a carico dei professionisti, saranno elaborati degli indicatori di sospetto, il cui contenuto sarà pubblicato con Decreto del Ministro della Giustizia, e periodicamente aggiornato con l’intervento fattivo degli Ordini professionali.
L’art. 12, secondo comma, inoltre, prevede alcune importanti deroghe agli obblighi antiriciclaggio, ed in particolare dispone che: “L'obbligo di segnalazione di operazioni sospette di cui all'articolo 41 non si applica ai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) del comma 1 per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso, nel corso dell'esame della posizione giuridica del loro cliente o dell'espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.”
Accanto alla succitata disposizione, vi è senza dubbio una norma piuttosto innovativa: quella relativa i nuovi obblighi sussistenti in capo agli Ordini professionali.
Tali obblighi consistono:
Peraltro, è bene evidenziare come il ruolo degli Ordini professionali andrà assumendo sempre maggiore centralità nell’ambito degli adempimenti antiriciclaggio, sia in veste di supervisore dell’operato dei propri iscritti, sia come portatore delle istanze e degli interessi dei professionisti in tale materia.

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LA NUOVA IMPOSTA DI BOLLO

Una delle precipue finalità del D.Lgs. n. 231 del 2007 è quella di limitare fortemente l’utilizzo di assegni bancari, postali, circolari, vaglia cambiari e postali rilasciati in forma libera, i quali potrebbero essere utilizzati per attività illecite.

Tale restrizione passa attraverso due disposizioni fondamentali:
  1. l’utilizzo dei titoli in forma libera deve essere circoscritto a pagamenti inferiori a 5 mila euro. Infatti per gli importi pari o superiori a tale cifra deve essere indicato il nome o la ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità;
  2. la previsione di un’ imposta di bollo pari ad € 1,50 per ogni titolo richiesto in forma libera.
Il cliente può chiedere per iscritto il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera, semplicemente pagando la somma di 1,50 € per ciascun modulo a titolo di imposta.
Inoltre, ai sensi dell’art. 49, comma 10, del D.Lgs. n. 231/2007 ogni girata deve recare, a pena di nullità, il codice fiscale del girante. In caso di girante persona giuridica, il codice sarà della persona giuridica, permanendo l’obbligo di firma accompagnata dal timbro.
La previsione di questi adempimenti dovrebbe cercare di disincentivare il più possibile il ricorso a siffatte specie di titoli di credito, inibendolo del tutto nel caso di attività finalizzate al riciclaggio del c.d. “denaro sporco”.

In sostanza, dal 30 aprile 2008 a ciascun modulo di assegno bancario o vaglia postale in forma libera sarà applicata l’imposta di bollo, ad esclusione però delle cambiali e dei pagherò, che come è stato precisato dalla Circolare Assonime del 18 marzo 2008, n. 18, sono meri mezzi di pagamento e non anche strumenti di credito.

Deve essere sottolineato come il nuovo tributo de quo, la cui disciplina peraltro non è stata inserita nel corpus normativo relativo all’imposta di bollo (D.P.R. n. 642 del 1972), non comporti il venir meno dell’imposta di bollo dovuta per gli estratti conto, anche postali, nonché per quella dovuta per tutte le comunicazioni relative al deposito di titoli.
Va precisato come gli assegni già in circolazione potranno essere utilizzati anche dopo il 30 aprile 2008, semplicemente scrivendo a mano sul modulo la dicitura “non trasferibile”.

Per quanto riguarda, invece, i moduli liberi ritirati prima del 30 aprile, ma utilizzati solo successivamente, a questi verrà applicato il limite dei 5 mila euro, tuttavia senza applicare l’imposta di bollo.

Gli assegni in cui il traente ha utilizzato la formula a me medesimo, a me stesso, ecc., potranno essere girati solo all’incasso presso una banca o le poste. In questo caso, però, la banca o la posta dovrà effettuare una segnalazione di irregolarità al ministero, che applicherà al traente una sanzione che va dall’ 1 al 40% dell’importo trasferito.

L’Agenzia delle Entrate ha emanato la circolare n. 18 /E del 7 marzo 2008, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti circa l’ambito applicativo e le modalità di attuazione della nuova imposta di bollo prevista.
Innanzitutto, la circolare n. 18/E del 2008 chiarisce che gli assegni in forma libera assoggettati all’imposta di bollo in oggetto sono quelli richiesti alle banche o a Poste italiane S.p.A.

Le banche e le Poste italiane S.p.A. possono assolvere a tale imposta in modo virtuale, qualora siano in possesso dell’autorizzazione a tale modalità di pagamento o qualora siano già titolari di siffatta autorizzazione, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 642 del 1972.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento dell’imposta, coloro i quali siano già provvisti della citata autorizzazione devono presentare, entro il 30 giugno 2008, una dichiarazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, contenente i seguenti dati:
Una copia di tale dichiarazione deve essere consegnata per conoscenza, altresì, alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.
Diversamente, nel caso in cui i soggetti interessati non siano autorizzati ad assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale, devono presentare apposita domanda presso i competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate, nella quale dovrà essere altresì indicato il numero di moduli di assegni bancari o postali che, presumibilmente, si ritiene saranno richiesti in forma libera dal 30 aprile al 31 dicembre 2008, nonché l’indicazione dell’importo dovuto per il rimanente periodo dell’anno e la sua ripartizione in bimestri. Anche in questo caso, deve essere consegnata copia alla Direzione regionale competente territorialmente.
L’Agenzia delle Entrate all’atto di rilascio dell’autorizzazione provvede a notificare al richiedente le somme liquidate, che dal 30 giugno dovranno essere versate bimestralmente.

Tutti i soggetti così autorizzati ad assolvere l’imposta in modo virtuale, entro il mese di gennaio 2009, devono presentare una dichiarazione definitiva che contenga il numero di atti e documenti emessi nell’anno precedente distinti per voce di tariffa.
Nella dichiarazione dovrà essere riportata l’indicazione del numero degli assegni in forma libera emessi nel corso dell’anno trascorso con l’indicazione della corrispondente somma dovuta a titolo di imposta, ai sensi dell’art. 49, comma 10, del D.Lgs n. 231/2007.
Inoltre, i moduli e gli assegni bancari e postali rilasciati in forma libera dovranno riportare espressamente la dicitura “Imposta di bollo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, assolta in modo virtuale (Autor. n. ….del ….).

Per quanto riguarda gli assegni circolari, l’imposta di bollo è dovuta nella misura del 6 per mille per ogni anno, e deve essere liquidata trimestralmente, in base ad un’apposita denuncia presentata entro 30 giorni dalla scadenza di ciascun trimestre, nonchè versata entro i successivi dieci giorni.
A seguito della modifica normativa nella determinazione della base imponibile, cui applicare l’aliquota del 6 per mille, occorre tenere conto anche dell’ammontare complessivo di tutti gli assegni in circolazione alla fine di ogni trimestre solare, ivi compresi gli assegni in forma libera.
Inoltre, per ogni assegno circolare rilasciato in forma libera deve essere corrisposta la somma di 1, 50 euro.

Nella denuncia trimestrale presentata al competente Ufficio delle Entrate devono essere indicati, separatamente, anche il numero degli assegni circolari emessi in forma libera nel trimestre di riferimento e la relativa somma dovuta.
In ultimo, per gli assegni circolari non è prevista alcuna autorizzazione ad assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale. Tuttavia, anche in questo caso gli assegni circolari emessi in forma libera devono recare la succitata dicitura “Imposta di bollo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007 assolta in modo virtuale”.

Per i vaglia cambiari l’imposta di bollo è dovuta nella misura del 4 per mille per ogni anno corrisposta “in base alla media delle situazioni decapali dei vaglia cambiari e delle fedi di credito di ciascun mese del trimestre solare, cui si riferisce l’applicazione dell’imposta”, ai sensi dell’art. 10, comma 2, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972.
Il versamento deve essere eseguito con cadenza trimestrale da versare entro il secondo mese successivo a quello di ciascun trimestre solare: febbraio, maggio, agosto e novembre.
L’ammontare dei vaglia cambiari rilasciati in forma libera concorre alla determinazione della base imponibile dell’imposta di bollo del 4 per mille.

Anche per i vaglia cambiari emessi in forma libera deve essere corrisposta, in aggiunta all’imposta dovuta ai sensi del citato articolo 10, comma 2, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972, la somma di euro 1,50, ai sensi dell’art. 49, comma 10, del D. Lgs. n. 231 del 2007.
Le modalità di pagamento di tali somme sono le stesse previste per l’imposta del 4 per mille dovuta sui vaglia cambiari, con le precisazioni fatte con riferimento agli assegni circolari.
Anche in quest’ultimo caso, ogni vaglia cambiaro in forma libera deve recare su ciascun modulo la dicitura succitata.

Per quanto riguarda i vaglia postali, la circolare n. 18/E precisa che la Tabella, allegato B, al D.P.R. n. 642 del 1972, recante disposizioni in materia di “Atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto”, all’art. 7 dispone, tra l’altro, l’esenzione dell’imposta di bollo per i vaglia postali e relative quietanze.

Tale disposizione esentiva non trova applicazione per i vaglia postali rilasciati in forma libera a decorrere dal 30 aprile 2008, per i quali, ai sensi dell’art. 49, comma 10, del D.Lgs. n. 231 del 2007, è dovuta l’imposta di bollo nella misura di 1, 50 euro.
In mancanza di disposizioni normative a riguardo, Poste italiane S.p.A. provvederà al versamento delle somme dovute, ai sensi dell’art. 49, comma 10, del D.Lgs. n. 231 del 2007, con la medesima cadenza bimestrale e le stesse modalità di pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale, previste dall’art. 15 del D.P.R. n. 642 del 1972.
In sostanza, dal 30 aprile 2008 Poste italiane S.p.A., per i vaglia postali emessi in forma libera, seguirà le stesse modalità previste per gli assegni bancari o postali emessi in forma libera, ed anche in questo caso i vaglia postali dovranno indicare la consueta dicitura “Imposto di bollo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007 assolta in modo virtuale”.

IL CONTANTE

Un altro dei principi fondamentali che ha ispirato il D.Lgs. n. 231 del 2007 è quello della limitazione dell’uso del contante, finalizzato ovviamente al contrasto del riciclaggio del denaro sporco. Il denaro contante, infatti, è per antonomasia il mezzo di pagamento meno tracciabile e, quindi, anche il più sicuro per coloro i quali siano dediti al riciclaggio del denaro, nonché al suo reinvestimento in attività illecite.

Il comma 1, dell’art. 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007 dispone che, a decorrere dal 30 aprile 2008, è vietato il trasferimento tra soggetti diversi di denaro contante o titoli al portatore, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5.000,00 euro.

Per operazione frazionata si deve intendere un’operazione unitaria dal profilo economico, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori a 5.000,00 euro, effettuata in momenti diversi (precedentemente detto limite era di 12.500 euro).
Il trasferimento, tuttavia, può essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste italiane S.p.A.
Il divieto di utilizzare il contante per regolare operazioni commerciali e finanziarie o per compiere atti di acquisto, se non entro un determinato importo (5 mila euro) è teso, pertanto, a limitare il più possibile la circolazione del denaro contante.
Tale divieto è esteso anche alle operazioni a titolo gratuito (es. donazioni, prestiti tra parenti) qualora queste non siano ricomprese entro i 5 mila euro.

Il denaro contante, in sostanza, potrà essere speso come meglio si crede, ma sempre nei limiti suesposti, al di fuori dei quali vige l’assoluto divieto di pagamenti in contanti.
Peraltro, si deve evidenziare come per i pagamenti oltre i 5 mila euro, non solo viga il divieto dell’utilizzo del contante, ma questi debbano essere effettuati, altresì, per mezzo di assegno non trasferibile, bonifici, quindi per mezzo di strumenti che risultino tracciabili.

Le restrizioni imposte dalla normativa antiriciclaggio sono, indubbiamente, finalizzate a far si che transazioni economiche di un certo rilievo siano condotte per il mezzo di intermediari finanziari, di modo che negli archivi da questi tenuti rimanga traccia dell’operazione economica intercorsa, diversamente da quanto avverrebbe utilizzando denaro contante o titoli al portatore.

In sostanza, ogni cittadino è libero di depositare e di prelevare presso le banche e le Poste, nonché presso gli istituti di moneta elettronica, qualsiasi somma di denaro contante, senza correre il rischio di incorrere in alcuna sanzione amministrativa.

Le restrizioni suesposte hanno efficacia soltanto una volta che il denaro prelevato sia impiegato all’esterno delle banche nell’effettuazione di operazioni commerciali, finanziarie o di pagamenti con altri privati, sempre che sia superata la soglia di 5 mila euro.
Una particolare limitazione alla circolazione del contante è stata, altresì, prevista per ciò che attiene i pagamenti ai professionisti.
L’art. 35, commi 12 e 12 bis del D.L. n. 223/06, in vigore dal 12 agosto 2006, impone ai professionisti (6) di incassare i compensi soltanto per mezzo di strumenti finanziari tracciabili e non in contanti: assegni non trasferibili, bonifici, altre modalità di pagamento bancario o postale, sistemi di pagamento elettronico.

Tale disciplina prevede alcune deroghe che in generale si possono classificare come:
Le soglie determinate al di sotto delle quali è possibile effettuare pagamenti in contante andranno via via diminuendo secondo una tempistica prevista dalla legge stessa. Infatti, il comma 12 bis dell’art. 35 della Visco – Bersani (così come modificato dalla Legge Finanziaria 2007) esonera dalla disciplina dei pagamenti monitorabili, i compensi per somme unitarie al di sotto delle seguenti soglie:
Poiché l’obbligo di pagare il professionista in contanti comporta pur sempre dei costi, quale appunto l’apertura di un conto corrente, il decreto ministeriale 3 ottobre 2007 ha previsto alcuni soggetti esclusi:
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TABELLA RIASSUNTIVA DELLE NOVITA' SULL'ANTIRICICLAGGIO

In sintesi, le novità che il D.Lgs. n. 231/2007 ha introdotto sono le seguenti:

  1. dal 30 aprile 2008 sarà vietato il trasferimento di denaro in contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuata a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell'operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5.000 €. Il trasferimento può, tuttavia, essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.;
  2. dal 30 aprile 2008 i moduli di assegni bancari e postali sono rilasciati dalle banche e da Poste Italiane S.p.A., muniti di clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera. Ogni modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ossia, per ogni assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera è dovuta dal richiedente , a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 €;
  3. dal 30 aprile 2008 ogni girata deve recare, a pena di nullità, il codice fiscale del girante. Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 5.000 € devono recare l'indicazione del nome e della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità;
  4. il limite oltrepassato il quale scatta l'obbligo di identificazione della clientela è stato innalzato da 12.500 € a 15.000 €;
  5. il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore tra soggetti non abilitati è stato abbassato da 12.500 € a 5.000 € (anche nel caso di operazioni frazionate). Ciò significa che dal 30 aprile, qualora il pagamento sia pari o superiore complessivamente a 5 mila euro, non può essere regolato in contanti o titoli al portatore per più di una singola rata pari o superiore a tale limite;
  6. è stato soppresso l'UIC (Ufficio Italiano Cambi), dando vita al suo posto all'UIF (Unità di Informazione Finanziaria);
  7. non tutti gli adempimenti inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono sottoposti agli obblighi di individuazione e registrazione;
  8. è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, che può variare da 50.000 a 500.000 €, nel caso di omessa istituzione dell'Archivio Unico Informatico (AUI);
  9. le segnalazioni di operazione sospette devono essere inviate direttamente all'UIF o, in alternativa, agli Ordini Professionali, i quali a loro volta provvederanno a trasmetterle all'UIF;
  10. il comma 6 dell'art. 36 del D.Lgs. n. 231/2007 dispone che i dati e le informazioni registrate ai fini della tenuta dell'Archivio Unico Informatico possano essere utilizzati, altresì, ai fini fiscali.

CONCLUSIONI: la normativa antiriciclaggio e il controllo fiscale

Come più volte ribadito nella trattazione in oggetto, la normativa antiriciclaggio è mirata alla prevenzione e alla repressione del fenomeno del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché del finanziamento del terrorismo.
Prevenzione nel senso di forte limitazione della circolazione del denaro contante e dei titoli di credito emessi in forma libera, nonché di previsione di oneri, in capo ai professionisti, quali gli adempimenti di identificazione, registrazione e segnalazione delle operazioni sospetta. Repressione, invece, attuata per mezzo della previsione di sanzioni amministrative e penali in caso di violazione degli obblighi suesposti.
La disciplina sull’antiriciclaggio, congegnata primariamente come uno strumento teso ad impedire il reimpiego del denaro proveniente da attività criminose, a seguito delle modifiche intervenute con il D. Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 (7) , diviene altresì un interessante strumento di controllo fiscale, soprattutto per mezzo del contenimento dell’utilizzo del contante e di pagamenti non tracciabili, opponendo così un freno legale al ricorso dei pagamenti effettuati in nero.

Si deve ammettere che almeno in via teorica, le restrizioni relative alla circolazione del contante e dei titoli di credito emessi in forma libera costituiscono un valido tentativo di lotta all’evasione, da affiancare alla tradizionali indagini finanziarie e bancarie.
Ed infatti, se da un’ottica di mera prevenzione del fenomeno del riciclaggio gli obblighi e le restrizioni suesposte sono tesi ad impedire la circolazione del denaro sporco, nonchè il suo reinvestimento in attività criminose, sul piano del controllo fiscale, tali oneri avrebbero l’ulteriore effetto di impedire che il denaro, ancorché proveniente da fonte lecita, venga impiegato per eseguire prestazioni in nero con modalità di pagamento non tracciabili.

Peraltro, il D. Lgs. n. 231 del 2007, prevede che i soggetti titolati ad utilizzare le comunicazioni in materia di deleghe ed extra conto, possano chiedere alla banca o a Poste Italiane S.p.A., i dati identificativi ed il codice fiscale di coloro ai quali siano stati rilasciati moduli di assegni bancari o postali emessi in forma libera o che abbiano richiesto assegni circolari i vaglia postali in forma libera, nonché di coloro che li abbiano presentati all’incasso. Tale documentazione, ai sensi dell’art. 234 c.p.p., sembrerebbe costituire prova documentale.

Per quanto riguarda le modalità di trasmissione dei dati relativi agli assegni liberi, queste non avverranno periodicamente, bensì solo a richiesta degli organi titolati a riceverle. Tale soluzione potrebbe così scongiurare l’eventualità di un inutile ed inefficiente sovraffollamento dell’ Archivio dei rapporti con gli intermediari finanziari presso l’Anagrafe tributaria, optando per una comunicazione di dati presumibilmente mirata.

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