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Sito internet

L

Luca

Ospite
<HTML>Salve a tutti, ho realizzato un sito internet nato così per provare...ora il sito ha avuto un notevole sviluppo e ho iniziato a considerarlo quasi seriamente!
La domanda è questa:
come posso vendere spazi pubblicitari a società non avendo la partita
iva?
Io avevo pensato di realizzare anche una pagina web, quando vendo lo spazio pub, e di fatturare il banner e la pagina web in un unica voce...in questo caso potrei fatturare tutto con la ritenuta d\'acconto giusto?
E se mi chiedono solo lo spazio pubblicitario? come posso fare?
Grazie anticipatamente per la risposta!</HTML>
 
<HTML>Se l'attività diventa abituale occorre aprire la partita Iva.

Stefano Ferrara</HTML>
 
<HTML>La concessione di spazi pubblicitari sul proprio sito costituisce a tutti gli effetti attività commerciale e come tale richiede il possesso di una posizione I.V.A.

Paolo Decaminada</HTML>
 
<HTML>Ad eccezione del caso ex. art. 5 co 2° DPR 633/72 (ossia delle collaborazioni coordinate e continuative):
abitualità = Partita IVA.
Circa la ritenuta di acconto, riferendoci ad un ambiente virtuale qual è Internet, dovremmo riflettere per analogia alle fattispecie contrattuali esistenti e normativamente previste. Dico questo in quanto Internet ha creato nuovi scenari e nuove problematiche molte delle quali sono in attesa di una specifica regolamentazione. Per non commettere errori, è necessario sapere se con i banner si realizza un semplice messaggio promozionale (con il quale si da la possibilità di connettersi direttamente alla home page dell’inserzionista) o se da semplice messaggio promozionale si trasforma in un atto di vendita derivante da rapporti di intermediazione commerciale.
Nel primo caso, il committente italiano (ossia il titolare del sito web linkato tramite banner) non è obbligato a operare la ritenuta.
Nel secondo caso, il committente italiano è obbligato ad operare la ritenuta a titolo di acconto sulle “provvigioni” comunque denominate spettanti a prestatori italiani (la ritenuta è commisurata al cinquanta per cento dell'ammontare delle provvigioni. Se i percipienti dichiarano ai loro committenti, preponenti o mandanti che nell'esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, la ritenuta è commisurata al venti per cento dell'ammontare delle stesse provvigioni. Dallo 01/01/2001 la ritenuta è del 18%).
Diverso approccio di analisi se il prestatore del servizio è un soggetto non residente (bisognerà verificare se ha stabile organizzazione, o meno, in Italia; ma questo non è il nostro caso).
Fin qui un’analisi (limitata) da un punto di vista reddituale (ritenute di acconto).
Altre regole da un punto di vista dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).
Nel caso di prestazioni pubblicitarie la regola generale è contenuta nell’art. 7 co 4° let d) del DPR 633/72. Nel 1972 non si parlava affatto di Internet, ne tantomeno di pubblicità on-line; da qui la necessità di interpretare il citato articolo alla luce del nuovo panorama che si è aperto davanti a noi. Ossia il problema che sorge in capo ai prestatori dei suddetti servizi, è quello di verificare l’imponibilità o meno della prestazione (ossia l’esistenza del requisito della territorialità). Nel suo caso (prestatore del servizio italiano), qualora il committente sia un italiano e il luogo di utilizzo del servizio è l’Italia o la CEE allora l’operazione sarà imponibile IVA; non lo sarà (F.C.IVA per mancanza del presupposto di fatto “territorialità”) nel caso in cui il luogo di utilizzo sia fuori dalla CEE. Nel caso in cui il suo committente sia un soggetto CEE, indipendentemente dal luogo di utilizzo del servizio, l’operazione non darà luogo ad addebito di IVA. Infine, nel caso in cui il suo committente sia un soggetto extra CEE, l’operazione sarà imponibile solo nel caso di luogo di utilizzo del servizio in Italia.
Nel caso di intermediazione commerciale la regola generale è contenuta nell’art. 40 co 8° D.L. 331/93 (conv. Con L. 427/93). Nel suo caso (prestatore del servizio italiano), qualora il committente sia un soggetto passivo (con partita IVA) in Italia, indipendentemente dal luogo di svolgimento dell’operazione, dovrà addebitare in fattura l’IVA, come anche dovrà addebitarla nel caso di intermediazione svolta in Italia a favore di un committente extra CEE (se il committente è comunitario niente IVA).
Fin qui un’analisi, molto limitata, degli aspetti fiscali. Ma vivamente consigliata sarebbe anche un’analisi degli aspetti giuridici.
Realizzare un sito “nato così per provare…” è una cosa, “considerarlo quasi seriamente” è ben altra cosa.
Essere in Internet significa (potenzialmente) essere visibili ed operare in tutto il mondo; non basta il riferimento e l’osservanza delle norme nazionali in quanto le norme dei vari paesi del mondo possono disciplinare in maniera anche molto differente la materia rispetto alle previsioni del nostro ordinamento. E’ quindi consigliabile tenere conto anche delle normative dei paesi ai quali il sito concretamente si rivolge.
Bisogna avere le idee ben chiare in termini di contenuti testuali, editoria on line, commercio elettronico (di beni in generale e di prodotti musicali in particolare), streaming, downloading, diritti connessi del produttore, diritti degli artisti, interpreti ed esecutori, modalità di acquisto dei diritti, licenze sperimentali, elementi grafici, diritti della persona o dell’opera rappresentata, diritti sulle fotografie, banche dati on line, ecc. ecc. ed ecc. In generale, per tutte le cessioni di opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, queste opere formano oggetto del diritto di autore (ben inteso, se nuove ed originali).
L’attività di download e successiva utilizzazione al di fuori di un browser (o magari l’uso di “materiale” all’interno si un nuovo sito Internet) non è detto che sia, sempre, legittima.
Una cosa che mi lascia dei dubbi, è il fatto che:
per aprire il suo sito, accanto alla procedura informatica, ha “adempiuto” alla (importantissima) procedura burocratica consistente nella compilazione e riempimento della relativa modulistica (nome, cognome, ragione sociale, indirizzo, generalità, ecc. ecc., spiegazione dei sistemi informatici che vengono utilizzati per la gestione del sito, indicazione del nome del provider e dichiarazione dell’attività che nel sito si vuole esercitare) con sottoscrizione della piena responsabilità civile e penale per l’uso del nome, e la netiquette (regole di “galateo” non scritte relativa ad etica e norme di buon uso dei servizi in rete)
In considerazione del fatto che si avrà una revoca d’ufficio del nome assegnato a dominio (provvedimento di tipo autoritario) ogni qualvolta che (oltre ad altri casi che non sto qui a commentare) scompaiono quegli elementi che stanno scritti, nella parte burocratica, che hanno comportato l’assegnazione. La revoca può aversi, ad es., perché io che ho richiesto un sito per svolgere una determinata attività e, poi, improvvisamente incomincio a svolgere tutt’altra. In generale può dirsi che la revoca si ha ogni volta che la dichiarazione di assegnazione non corrisponde alla utilizzazione del sito. Quindi, essendo il sito in assegnazione e non in proprietà, nel caso da lei prospettato (ha cambiato “l’attività” del sito ???) potrebbe (e ripeto potrebbe) intervenire la Registration Autority e revocarle il sito (ripeto nel caso in cui l’attività che lei andrà a svolgere sia diversa da quella comunicata).
Cordiali saluti
Giancarlo Barone
(la presente è frutto di considerazioni personali da verificare con il proprio consulente. Non si assumono responsabilità per imprecisioni, errate interpretazioni, errori di trascrizione ed errori in generale).</HTML>
 
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