La responsabilità tributaria del cessionario, nel caso di alienazione dell’azienda, è disciplinata dall’art. 14 del D.Lgs. 472/1997, che prevede la responsabilità solidale del cessionario con il cedente per il pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni commesse dal venditore nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti, anche se non contestate o irrogate alla data delle cessione. È, tuttavia, riconosciuto al cessionario il beneficio della preventiva escussione del cedente: qualora l’Erario non sia in grado di soddisfarsi sul patrimonio del cedente, potrà rivalersi sul cessionario d’azienda per il pagamento di debiti tributari (anche futuri), pure se questi non siano certi e determinati nell’ammontare al momento del trasferimento dell’azienda. In ogni caso, la responsabilità del cessionario non può eccedere il valore dell’azienda acquisita (o del ramo d’azienda), intendendosi per “valore” quello accertato dall’ufficio, ovvero, in mancanza di accertamento, al valore dichiarato dalle parti nell’atto di cessione. In ogni caso, per consentire al cessionario di avere uno stato dell’arte delle pendenze con l’Erario dell’azienda oggetto del trasferimento, l’art. 14, co. 3, del D.Lgs. 472/1997 prevede la possibilità di richiedere all’Amministrazione Finanziaria, territorialmente competente, il rilascio di un certificato da cui risulti l’esistenza di contestazioni in corso, nonché di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. In ogni caso, sia nell’ipotesi di esito negativo che in quella di mancata risposta alla richiesta entro i suddetti termini, il cessionario è pienamente liberato da qualsiasi responsabilità per i debiti tributari del cedente, purché la cessione dell’azienda non sia stata posta in essere in frode a crediti tributari: in tale eventualità, per effetto di quanto prescritto dall’art. 14, co. 4, del D.Lgs. 472/1997, le limitazioni alla responsabilità non hanno effetto nei confronti del cessionario.