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mutuo casa interessi zero

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antonio

Ospite
<HTML>Da il messaggero di oggi.

ROMA — Due cuori e una capanna, e lo Stato dà una mano. Il primo annuncio il ministro Maroni lo aveva fatto nel novembre scorso, scatenando le inevitabili polemiche sul certificato di matrimonio richiesto ai giovani interessati. A cinque mesi di distanza, l’operazione "mutui a tasso zero" non è ancora partita. E a questo punto pare destinata a vedere la luce in una forma piuttosto diversa da quella immaginata dal ministro leghista: verrà infatti affidata alle Regioni, che potrebbero considerare anche modalità differenziate di intervento. E forse alla fine non sarà nemmeno riservata alle sole coppie ufficiali.
All’origine di tutto ci sono poche righe inserite nel testo della legge finanziaria. Prevedono che almeno il 10 per cento del Fondo per le politiche sociali sia destinato «a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità».
Una formula che è stata da subito interpretata dal ministero come «ipotesi di intervento per la riduzione a zero degli interessi sui mutui per la prima casa». Lo stesso comunicato specificava che il termine "famiglia" andava inteso «a norma dell’articolo 29 della Costituzione»: includendo quindi solo le coppie regolarmente sposate, in chiesa o in Comune.
Il piano di Maroni era piuttosto ambizioso: una grande campagna nazionale, con tanto di spot pubblicitari e numeri verdi a cui rivolgersi per informazioni. I tempi dovevano essere molto rapidi. L’operazione, da gestire attraverso le direzioni provinciali del ministero, sarebbe scattata entro il mese di febbraio, con l’obiettivo di coinvolgere le coppie sposate a partire dal primo gennaio 2003.
Ma i tecnici governativi si sono trovati a fare i conti con una serie di problemi. Primo fra tutti, quello dei soldi. Il 10 per cento del Fondo per le politiche sociali equivale a circa 160 milioni di euro. Che non vengono aggiunti, ma "ritagliati" all’interno del fondo esistente: e questo ha provocato subito irritazioni e malumori negli enti locali, perché le risorse dirottate sul nuovo progetto sarebbero state tolte ad altri programmi sociali già esistenti.
Il punto però è che 160 milioni non sono tantissimi. Secondo le intenzioni iniziali del ministero del Lavoro, questi soldi avrebbero permesso di «movimentare una somma superiore ai 2,5 miliardi di euro». Ipotizzando un importo medio intorno ai 75 mila euro, da restituire in 15 anni, nell’operazione verrebbero coinvolte 30-35 mila coppie. Che rappresentano una piccola ma significativa fetta dei poco meno di 300 mila matrimoni celebrati ogni anno in Italia. Attenzione però: con 160 milioni da spartire, il contributo disponibile per ciascuna "nuova famiglia" sarebbe di circa 4.500 euro: sufficienti, anche con gli attuali tassi ai minimi storici, a pagare solo gli interessi del primo anno di mutuo, o poco di più. Il che vorrebbe dire ritrovarsi poi con rate ben più pesanti da pagare.
In questo quadro si sono inserite le Regioni, che hanno condotto fino a pochi giorni fa una lunga trattativa con il governo per la ripartizione del Fondo per le politiche sociali. E alla fine sono riuscite a spuntare anche la gestione dei sostegni alle giovani coppie, ereditando la relativa dotazione finanziaria. E siccome alcune hanno già in campo progetti per il sostegno all’acquisto della casa, è prevedibile che pur nel rispetto della legge nazionale tenderanno a organizzarsi in base ai propri criteri. Ad esempio la Regione Veneto eroga contributi in base all’Ise, l’idicatore di situazione economica. Qualche governatore potrebbe anche decidere di interpretare in modo meno rigido il concetto di famiglia. Una cosa è certa: prima che arrivino i bandi, passerà ancora un bel po’ di tempo.</HTML>
 
<HTML>Sul sito del ministero del Welfare Sono state pubblicate le tabelle di ripartizione del fondo sociale.
Saluti.</HTML>
 
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