il tuo è un caso un po controverso...
ti allego quest'articolo:
"L' art. 10, primo comma, lettera g), del D.P.R. n. 597/1973 consente la deducibilità dal reddito complessivo degli "assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell' Autorità giudiziaria".
Dal canto suo, l' art. 5, quarto comma, ultima parte, della legge 1-12-1970, n. 898, consente che, su accordo dei coniugi, l' obbligo di corrispondere un assegno periodico venga estinto definitivamente in unica soluzione.
Quest' ultimo tipo di assetto convenzionale dei rapporti patrimoniali tra (ex) coniugi non appena dalla testuale previsione della lettera g) dell' art. 10. Il che sembra non lasciare spazio alla deducibilità dell' importo corrisposto al coniuge una tantum.
In sostanza è da ritenersi che quest' ultima eventualità concretizzi solamente un passaggio di ricchezza (di natura patrimoniale) dall' uno all' altro coniuge, senza che, per entrambi si verifichino implicazioni reddituali dirette (l' importo versato non costituisce "onere deducibile" e l' importo ricevuto non è "reddito assimilato al lavoro dipendente").
Gli effetti reddituali affioreranno, in tal caso, solo indirettamente (un patrimonio ridotto produrrà minor reddito e, viceversa un accrescimento patrimoniale sarà anche fonte di un reddito).
Il regime di indifferenza civilistica tra l' obbligazione di versare un assegno periodico e quella di corrispondere un importo in unica soluzione (per il quarto comma dell' art. 5, legge n. 898 del 1-12-1970, l' adempimento può avvenire legittimamente in entrambi i modi) può tuttavia far ritenere estensibile a questa seconda eventualità la deducibilità prevista dall' art. 10 per il primo caso.
E' naturale, quindi, che la giurisprudenza si sia pronunciata ora per la deducibilità anche dell' assegno corrisposto in unica soluzione, ora per sua indeducibilità.
In particolare la giurisprudenza di merito (Comm. Trib. secondo grado di Terni, decisione 1309 del 12-1-1983, in Corriere Tributario n. 13/1983, pag. 583) ha asserito, ad esempio che "l' obbligazione del coniuge non muta natura se anziché essere adempiuta, come normalmente accade, mediane la corresponsione di assegni periodici, avvenga, invece, in unica soluzione, poiché, anche in questo caso, non si verifica un trasferimento di capitale da un soggetto ad un altro, bensì soltanto, come si evince chiaramente dal testo della legge, il pagamento in unica soluzione mediante l' anticipato versamento di tutte le rate, pagamento che può ben essere stato affrontato con l' erogazione di somme dal reddito del contribuente e con coincidenza su di esso.
Ora se l' art. 10 del D.P.R. n. 597/73 menziona espressamente gli assegni periodici, ciò è dovuto più alla frequente forma di adempimento di tale obbligazione, ma non significa che siasi si sia voluta escludere dalla deduzione l' altra forma, la quale, presentando sotto il profilo economico e giuridico l' equipollente dell' altra, non può non essere sottoposta al medesimo trattamento fiscale.
Anche la Commissione centrale (Comm. Trib. Centr., Sez. X, decisione 1307 del 14-6-1983, in Codice Imposte Dirette, sezione 1, art. 10, n. 198), si è espressa a favore della deducibilità dell' assegno corrisposto in unica soluzione, affermando che la particolare modalità di versamento (una tantum, appunto) non toglie all' assegno in parola la natura di "periodico" stabilita dall' art. 10, lettera g) del D.P.R. n. 597/1973, ma rappresenta solamente l' anticipo assolvimento di tutte le rate. Inoltre, ha affermato, che la deducibilità dell'assegno una tantum è riconosciuta in quanto lo stesso "per analogia" all'assegno periodico può ritenersi deducibile ex art. 10 lett. g) del D.P.R. di cui sopra. Conseguentemente, in simmetria con questo assunto, l' importo versato con questa particolare modalità diventa reddito per il coniuge percipiente [1].
La stessa Commissione centrale (Comm. Trib. Centr., Sez. IV, decisione 8868 del 17-10-1984, in Corriere Tributario n. 1/1985, pag. 61), in un successivo giudicato, ribaltando la tesi della deducibilità, ha invece considerato l' assegno corrisposto una tantum "indeducibile" in quanto privo del necessario carattere di "periodicità" preteso dalla lettera "g" dell' art. 10.
La "periodicità", infatti, (questa è stavolta l' opinione della Centrale) non è una specificazione senza significato, ma sta ad indicare che il legislatore ha voluto conferire rilievo fiscale alla erogazione solo quando ha carattere assistenziale (ravvisabile, appunto, nell' assegno periodico) e non anche quando ha carattere risarcitorio o compensativo (ed è questo il caso dell' assegno in unica soluzione). A Fronte di ciò, la somma versata una tantum non costituisce, evidentemente, neppure reddito imponibile IRPEF per il coniuge che la riceve.
Va osservato che la giurisprudenza, quando ha sostenuto la tesi della deducibilità dell' assegno in parola, ha ritenuto che il versamento in unica soluzione rappresenti la sommatoria degli assegni periodici, il cui calcolo e, peraltro, impossibile, stante l' incertezza della durata dell' obbligo di somministrare che, com' è noto, può venire a mancare anche in caso di nuove nozze del coniuge percipiente, oltre che per il suo decesso.
Questa prospettazione non sembra dunque accoglibile, atteso che la quantificazione dell' una tantum avviene secondo il principio della capitalizzazione operata dal giudice con l' accordo delle parti.
In questo contesto ha certamente un maggiore spessore logico, sul piano giuridico, la tesi che nega la deducibilità all' assegno quando è corrisposto in unica soluzione (in sostituzione di quello "periodico").
Non si può negare, infatti, che quest' ultima tesi è:
- adeguata, conforme e coerente alla vigente versione testuale della lettera "g" dell' art. 10 ("gli assegni periodici corrisposti al coniuge");
- sicuramente corretta nello scriminare ciò che ha carattere reddituale (l' assegno periodico decurta il reddito dell' erogante e costituisce reddito per il percipiente), da ciò che ha unicamente rilevanza patrimoniale (l' assegno una tantum è solo un trasferimento patrimoniale dall' uno all' altro soggetto).
Nonostante, per le ragioni già esposte, sembri oggi accoglibile solamente la tesi della indeducibilità dell' assegno in argomento (e ciò sino a che non intervengano o un provvedimento legislativo idoneo o una sentenza a Sezioni unite) il contenzioso è destinato ad attivarsi in misura sempre maggiore [3].
L' interesse in gioco è, infatti, rilevante.
In definitiva, al soggetto (al coniuge onerato) che intenda insistere nella propria pretesa di deducibilità, non rimane allo stato attuale che la via del contenzioso.
1-4-1985
Giuseppe Carnevale Miino
Osservazioni integrative
La deducibilità degli assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell' Autorità giudiziaria, è disciplinata - dal 1988 - dall' art. 10, primo comma, lettera c), del TU 22-12-1986, n. 917 [2].
Va osservato che, sia la nuova disposizione fiscale che la legge 6-3-1987, n. 74 (con cui sono state apportate modificazioni alla legge 1-12-1970, n. 898, contenente la disciplina civilistica dei casi di scioglimento del matrimonio), non contengono alcun particolare elemento di novità e, pertanto, quanto già detto in merito al caso proposto è da ritenersi conformato.
18-7-1994
Giuseppe Carnevale Miino
Osservazioni integrative
Premesso che in materia di oneri deducibili dal reddito complessivo gli "assegni corrisposti al coniuge... in conseguenza di separazione legale ed effettiva" sono quelli alimentari e non altri, e che l' elencazione degli oneri deducibili è tassativa e, quindi, non estensibile per analogia, si segnala che la Comm. Trib. Centrale - dec. n. 1296 del 20-3-1996 (in Corriere Tributario n. 1/1997, pag. 51) - ha ritenuto deducibile solo l' assegno mensile ma non il contributo forfettario alle spese di servizi e le spese condominiali relative all' appartamento occupato dal coniuge separato, pagate direttamente al condominio. Nella motivazione si legge anche che se si dovesse accedere erroneamente alla tesi della deducibilità "per analogia", nel caso degli assegni al coniuge separato si dovrebbe pervenire anche alla deducibilità: a) di spese per l' arredamento dell' appartamento comperato in nome del figlio con assegnazione dell' usufrutto vita natural durante alla madre; b) delle spese di manutenzione straordinaria del medesimo; c) di altri oneri attribuiti al contribuente nella sentenza del giudice.
In definitiva, dunque, occorre distinguere tra gli aspetti civilistici e quelli fiscali e, con riguardo a questi ultimi, conformarsi alla interpretazione, avallata da una giurisprudenza consolidata, che ammette la deducibilità dalla base imponibile Irpef solo dei pagamenti che il giudice ha individuato come assegni familiari..
10-9-1997
Giuseppe Carnevale Miino
Osservazioni integrative
Due differenti aspetti dell'"assegno al coniuge separato" hanno formato oggetto di due separate indicazioni: la prima di fonte ministeriale, la seconda di fonte giurisdizionale.
Trattandosi di arretrati di assegni per alimenti all'ex coniuge, la Dir. AA.GG. e Cont. Trib. - nota n. 984/E del 17 luglio 1997 - ha precisato che non sono soggetti a tassazione separata, ma a tassazione corrente in quanto la nozione di emolumenti arretrati riguarda solo i lavoratori dipendenti e altre specifiche categorie di lavoratori assimilati a questi. Gli assegni in discorso vanno, pertanto, indicati nel modello UNICO, quadro RC, sez. II.
Trattandosi, invece, di assegno di mantenimento, fissato in via provvisoria con ordinanza del Presidente del Tribunale a norma dell'art. 708 del Codice di procedura civile, la Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro, sez. I, sent. n. 932 del 22 dicembre 1997, ha ritenuto che esso rientra tra "gli assegni periodici" (attuale lett. c), primo comma, art. 10 del D.P.R. n. 917/1986) corrisposti al coniuge separato in base a provvedimento dell'Autorità Giudiziaria. Sulla base di questa equiparazione, le somme in discorso sono quindi deducibili dal reddito complessivo Irpef del coniuge erogante. Infatti, con l'espressione "provvedimento dell'Autorità Giudiziaria", l'art. 10 sopra citato non ha voluto, secondo i Giudici pesaresi, riferirsi solamente alle sentenze di separazione o di omologazione del consenso, ma ad un qualsiasi provvedimento del giudice, compresa quindi anche l'ordinanza con cui vengono adottati provvedimenti temporanei ed urgenti e che, ai sensi dell'art. 189 delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile, è titolo esecutivo.
A quest'ultimo proposito è da ricordare che la Corte di Cassazione - sent. n. 2864 del 10 maggio 1984 - ha chiarito che il provvedimento presidenziale di fissazione di un assegno di mantenimento, emesso provvisoriamente in base all'art. 708 del Codice di procedura civile, ha carattere cautelare, in quanto mira ad assicurare il necessario sostentamento al beneficiario fino alla pronuncia definitiva; i suoi effetti non potranno essere travolti retroattivamente dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione, sicché non potrà mai essere richiesta la restituzione delle somme corrisposte a titolo di "assegno provvisorio".
Sempre secondo la sentenza della Commissione Tributaria di Pesaro, ove non si accedesse alla tesi della deducibilità dell'assegno provvisorio in discorso, si perverrebbe alla conclusione, aberrante sotto il profilo giuridico, che il soggetto obbligato al versamento dell'assegno di mantenimento al coniuge da cui vive separato debba essere tenuto a pagare le imposte anche su quelle poste di reddito di cui non usufruisce, perché versate all'altro coniuge, fino a quando non intervenga la sentenza definitiva di separazione; mentre invece al coniuge percettore dell'assegno non competerebbe alcun obbligo di dichiarare tale reddito e di pagare le relative imposte.
16-1-2002
Giuseppe Carnevale Miino
Fonti normative
- Disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile, art. 189
- Codice di procedura civile, art. 708
- Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5
- D.P.R. 29-9-1973, n. 597, art. 10
- D.P.R. 22-12-1986, n. 917, art. 10
- Legge 6-3-1987, n. 74, art. 10
- D.L. 31-5-1994, n. 330, convertito, con modifiche, nella legge 27-7-1994, n. 473, art. 2
Note:
1 In questo senso è una recente decisione della Commissione tributaria centrale (n. 3478 del 13-5-1992, in Codice tributario, n. 43/1992, pag. 3110), la quale ha riaffermato la deducibilità dell' assegno corrisposto "una tantum".
2 Cfr., dal periodo d' imposta in corso all' 8-12-1993, la lettera c), dell' art. 10, D.P.R. n. 917/1986, come sostituito dall' art. 2, primo comma, lettera a), D.L. 31-5-1994, n. 330.
3 La Corte di Cassazione (con sentenza n. 11437 del 12 ottobre 1999 ) ha sancito da un lato la non imponibilità in capo al percipiente dell'assegno "una tantum", dall'altro la sua indeducibilità per il coniuge erogante, che pertanto ne deve sopportare la tassazione, evitando salti di imposta. "