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Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Negli ultimi anni il fenomeno dei negozi “Compro Oro” ha assunto proporzioni enormi, consentendo a questa idea commerciale di raggiungere ogni angolo del nostro Paese. Molte persone si sono lanciate in questa attività con improvvisazione e, troppo spesso, in spregio della Legge arrecando sia un danno all’erario, sia a chi opera in modo coerente con le stesse. Un mondo labirintico in cui il “metodo operativo” è un concetto astratto e dove la legalità non conosce patria. Adesso cerchiamo di capire, con qualche riga, alcuni semplici concetti che potranno meglio farci intendere ciò che l’onesto “commerciante di gioielli usati” dovrebbe compiere per poter operare lecitamente.

Il commercio di oro è regolamentato da un apposita normativa intitolata"Nuova disciplina del mercato dell'oro, anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998" emanata con Legge 17 Gennaio 2000, n. 7 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2000, la quale stabilisce cosa debba intendersi per oro e quali sono i requisiti richiesti per effettuare tale commercio in via professionale.
L’articolo 1 recita:

"1. Ai fini della presente legge con il termine "oro" si intende:
a) l'oro da investimento, intendendo per tale l'oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell'oro, ma comunque superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli; le monete d'oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, normalmente vendute a un prezzo che non supera dell'80 per cento il valore sul mercato libero dell'oro in esse contenuto, incluse nell'elenco predisposto dalla Commissione delle Comunità europee ed annualmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, serie C, nonchè le monete aventi le medesime caratteristiche, anche se non ricomprese nel suddetto elenco; con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabilite le modalità di trasmissione alla Commissione delle Comunità europee delle informazioni in merito alle monete negoziate nello Stato italiano che soddisfano i suddetti criteri;
b) il materiale d'oro diverso da quello di cui alla lettera a), ad uso prevalentemente industriale, sia in forma di semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e purezza."

Sempre l’articolo 1 indica quali sono i requisiti necessari per poter effettuare il commercio di oro ovvero:

"3. L'esercizio in via professionale del commercio di oro, per conto proprio o per conto di terzi, può essere svolto da banche e, previa comunicazione all'Ufficio italiano dei cambi, da soggetti in possesso dei seguenti requisiti:
a) forma giuridica di società per azioni, o di società in accomandita per azioni, o di società a responsabilità limitata, o di società cooperativa, aventi in ogni caso capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni;"

Il legislatore con questi articoli ha voluto non concedere dubbi sia su come identificare la natura dei beni che possono essere qualificati come oro, sia le caratteristiche che un azienda deve assumere per poter esercitare lecitamente tale commercio. Infatti stabilendo che le aziende siano configurate come “società per azioni, o società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa dotate di un capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni” esclude de facto le ditte individuali.

Altra condizione necessaria per commerciare in oro è la comunicazione, ed il rilascio di relativa autorizzazione, da parte della Banca d’Italia (rammento che dal 1 gennaio 2008 l’Ufficio Italiano Cambi è soppresso e le sue funzioni sono esercitate dalla Banca d’Italia -D.lgs. 21/11/2007 n. 231-) Come visto la legge è molto chiara riguardo le caratteristiche necessarie per effettuare tale commercio e sui requisiti imprescindibili che vengono posti a condizione di chiunque compia questa scelta aziendale.

Negli ultimi anni si è assistito ad una affermazione massiccia su tutto il territorio nazionale di negozi comunemente denominati “compro oro”, specializzati nell’acquisto di preziosi da parte di privati cittadini. Nulla vieta, anche al titolare di una ditta individuale, di acquistare oreficeria per poi successivamente rivenderla, sia all’ingrosso che al minuto, fermo restando i “paletti” imposti appunto dalla Legge 7/2000. Purtroppo però, moltissimi gestori di questi negozi, assumono in toto le funzioni e le competenze commerciali proprie di un operatore professionale, pur non attendendo minimamente ai requisiti imposti dalla legge, operando quindi in modo del tutto abusivo.

Infatti l’abitudine invalsa, è quella di acquistare oggetti preziosi usati dai privati cittadini (o da altri compro oro) e rivenderli direttamente a fonderie o aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi. Nulla potrebbe vietare questo comportamento se i beni ceduti fossero qualificati per quello che realmente sono, ovvero oreficeria usata, ma nella più ampia casistica vengono invece qualificati come rottami. Questo espediente, di mutare arbitrariamente la natura dei beni, consente di eludere l’I.V.A. beneficiando di quanto stabilito dalla Legge n. 633/77 articolo 17 comma 5 la quale contempla:

“In deroga al primo comma, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti e con l'indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all'articolo 25”

Con questo articolo di legge, viene quindi concessa la non imponibilità a quei beni che, a causa della loro natura, non possono avere altra destinazione che la lavorazione industriale. Di conseguenza le cessioni di semilavorati e rottami non sono imponibili IVA perché equiparati a quei beni inutilizzabili per scopi diversi dalla lavorazione industriale, quindi del tutto differenti dall’oreficeria usata che può invece avere infiniti cicli di vita e, conseguentemente, soggetta al pagamento dell’imposta.

Il gestore di un semplice “compro oro”, intenzionato ad operare secondo la legge, dovrebbe cedere i preziosi per quelli che realmente sono, ovvero beni usati, specificando nella fattura la reale natura degli oggetti ovvero oreficeria usata ed applicare quindi all’importo della fattura l’aliquota IVA ordinaria o, come concesso per i beni usati, a margine. Invece in molti casi l’operatore abusivo acquista i preziosi (non rottami) da privati cittadini e successivamente li rivende direttamente alle fonderie o altre aziende specializzate, attribuendo alla natura dei beni ceduti, sia sul Documento di Trasporto e poi sulla Fattura, la qualifica di rottami. Anche il più sprovveduto dei revisori, operando una controllo, potrà domandarsi che fine abbiano fatto i preziosi acquistati dall’esercente e registrati regolarmente sul Registro del Commercio (es: 1 bracciale, 1 collanina etc.) e dove invece ha preso i rottami che dichiara di aver ceduto alla fonderia.
 
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Infatti i beni acquistati all’origine devono essere ceduti nello stato in cui si trovano, non potendo il semplice “compro oro” lavorare o trasformare gli oggetti preziosi, in quanto questa è una prerogativa riservata ai soli operatori professionali o laboratori specializzati. Il concetto è questo: se mi tolgo una collana dal collo e la vendo, per quale motivo questa si trasforma in rottame? Riassumendo in poche righe il contenuto delle disquisizioni di cui sopra, deduciamo quindi che il semplice titolare di una ditta individuale, gestore di un "compro oro", non può assumere le attribuzioni di operatore professionale e commerciare in modo continuativo beni a carattere industriale quali appunto rottami o semilavorati. Così come non può alterare la natura dei beni (oreficeria usata) e trasformarla in rottami (operazione anch’essa riservata esclusivamente agli operatori professionali) con l’unico intento di evitare l’imposizione dell’IVA.

L'Ufficio Italiano dei Cambi ha provveduto con la pubblicazione del documento esplicativo "Chiarimenti in materia d'oro" del 20/06/2001, a fare chiarezza a tal proposito confermando nettamente quanto esposto:

"Per poter qualificare, ai sensi della Legge 17/1/2000, n. 7, il commercio di rottami di oro ed individuare gli eventuali obblighi gravanti su coloro che svolgono tale attività, si distinguono due modalità operative:
- acquisto di oggetti preziosi usati, direttamente da privati, e rivendita degli stessi, senza ulteriore trasformazione. Detta attività non è qualificabile ai sensi dell'art. 1, comma 3, della Legge 17/1/2000, n. 7; essa si configura, infatti, come commercio di prodotti finiti che non rientrano nella definizione di "oro" contenuta nell'art. 1, comma 1, della stessa Legge;
- acquisto di oggetti preziosi avariati, destinati alla fusione, e successiva cessione dell’oro così ottenuto, in una qualunque delle forme in uso (lingotti, placchette, etc.). L'operatività in questione, esercitata in via professionale e non occasionalmente, deve ritenersi riconducibile, sia per gli aspetti soggettivi che oggettivi, nel disposto di cui alla Legge n. 7/2000."

Come visto nel primo caso non è necessaria l'autorizzazione dell'U.I.C., trattandosi di commercio di oggetti preziosi usati e pertanto andrà applicata l'IVA sulle cessioni. Nel secondo caso, trattandosi di cessioni di rottami, è invece necessaria l'autorizzazione dell'Ufficio Italiano dei Cambi. Questo comporta necessaraiamente essere qualificati come operatori professionali, i soli titolati a poter effettuare questo tipo di commercio, e godere quindi della non applicabilità IVA sulle cessioni d'oro destinati alla fusione.

Per chiarire ulteriormente la differenza concreta che intercorre tra l'oreficeria usata ed il "materiale d’oro" come i rottami, e la conseguente diversità nell’applicazione dell’IVA e pertanto a suffragio di quanto esposto, la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.375/E del 28/11/2002 ha affrontato la possibile applicazione del disposto del comma 5 dell'art. 17 nel settore commerciale dell'acquisto di oro usato. Nello specifico veniva considerato l’acquisto di materiale d’oro da parte di privati e poi rivenduto sotto forma di rottami di gioielli d'oro, a soggetti che operano nel settore del recupero dei metalli preziosi. La Risoluzione riportò quanto affermato dall’Ufficio Italiano Cambi e cioè che “rientrano nella nozione di materiale d'oro tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un "semilavorato" è costituita dall'essere un prodotto privo di una specifico uso e funzione, e cioè dall'impossibilita' di utilizzare ex se il materiale o la lega d'oro, essendo necessario un ulteriore stadio di lavorazione o trasformazione che ne consenta l'utilizzo da parte del consumatore finale”.
Quanto premesso la Risoluzione ritenne “che la predetta vendita di rottami di gioielli d'oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d'oro o semilavorato”.

Ovviamente, come visto, per procedere alla vendita di suddetto materiale è necessario che il cedente sia autorizzato dalla Banca d’Italia e risponda ai requisiti previsti per gli operatori professionali dalla legge 7/2000. Quindi dimostrare che si opera esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi, senza commercializzazione di gioielli, ed infine beneficiare come contemplato nella succitata risoluzione, di quanto segue:“l'imposta sugli acquisti di rottami di gioielli d'oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972.”.

Quanto stabilito dalla Risoluzione n.375/E del 28/11/2002 dell’Agenzia delle Entrate è rilevante, anche alla luce di un'altra Risoluzione, ovvero la n.161/E dell’11 novembre 2005. Questa infatti ha preso in esame la possibilità di ricomprendere nel requisito “oggettivo” anche montature di anelli o chiusure per collane e bracciali (manufatti), potendoli assimilare al concetto di semilavorati indicati nel comma 5 dell’art. 17. La Risoluzione evidenzia quanto sopra già illustrato ed osserva ulteriormente che “prodotti come le montature di anelli o le chiusure per collane e bracciali hanno completato il loro specifico processo produttivo e debbono essere considerati prodotti finiti e non materia prima destinata alla lavorazione”. Questi oggetti non necessitano “di una ulteriore lavorazione o trasformazione; l'attività di assemblaggio (per quel che concerne le chiusure di una collana o braccialetto) o di incastonatura (per ciò che riguarda la montatura di anelli) deve essere considerata un procedimento ben distinto dalla vera e propria trasformazione o lavorazione dei prodotti originari”. Considerato che i manufatti in oggetto non possono essere ricompresi nell'ambito dei semilavorati, si deve concludere che per essi "non possa trovare applicazione il meccanismo di cui all'articolo 17, comma 5; l'imposta, pertanto, deve essere assolta nei modi ordinari".

Sempre la Legge 7/2000 ci informa che: "Chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o verso l'estero, ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra operazione in oro anche a titolo gratuito, ha l'obbligo di dichiarare l'operazione all'Ufficio italiano dei cambi, qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 20 milioni di lire. All'obbligo di dichiarazione sono tenuti anche gli operatori professionali di cui al comma 3, sia che operino per conto proprio, sia che operino per conto di terzi. Dalla presente disposizione sono escluse le operazioni effettuate dalla Banca d'Italia." Questo significa che i soggetti che svolgono il commercio di "materiale d'oro", quali rottami o semilavorati, sono obbligati alla dichiarazione all'Ufficio Italiano dei Cambi (oggi Banca d'Italia) di tutte le operazioni quali trasferimenti e cessioni. Allo stato attuale non risulta che i “compro oro” assolvano questa prassi, anche perché non autorizzati (art.1 comma 3 Legge 7/2000) a questo tipo di commercio.
 
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Quindi, come visto, quei “compro oro” che si sostituiscono nelle funzioni e nei metodi agli operatori professionali, commerciando in rottami d’oro o, ancor peggio, trasformando l’oreficeria usata in rottami - entrambe le operazioni hanno l’intento dichiarato di eludere l’I.V.A.- commettono, oltre che un abuso, anche un reato come sempre la legge 7/2000 all’articolo 4 (Sanzioni) stabilisce:
§1. Chiunque svolge l'attività di cui all'articolo 1, comma 3, senza averne dato comunicazione all'Ufficio Italiano dei Cambi, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Alla stessa pena soggiace chiunque svolga l'attività prevista dall'articolo 2, comma 1, senza esservi legittimato.
§2. Le violazioni dell'obbligo di dichiarazione di cui all'articolo 1, comma 2, sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 40 per cento del valore negoziato. Per l'accertamento delle violazioni previste dal presente comma e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e successive modificazioni.



CONCLUSIONI

In sintesi questa analisi mostra come molti commercianti titolari di negozi comunemente denominati “compro oro” compiano i seguenti abusi:
- alterano la natura dei beni acquistati all’origine;
- cedono materiale d’oro quali rottami alle fonderie o altre aziende specializzate nel recupero di materiale preziosi, nonostante privi dei requisiti imposti dall’articolo 1 comma 3 legge 7/2000;
- Violano l’obbligo di dichiarazione alla Banca d’Italia delle operazioni aventi per natura il commercio di oro, imposto dall’art.1 comma 2 legge 7/2000;

La somma di questi abusi e reati hanno l’unico intento di eludere l’IVA e di commerciare in condizione privilegiata materie prime a carattere industriale. Infatti l’oro è notoriamente tra i metalli più preziosi presenti nel mondo naturale. Il suo prezzo è quotato ogni giorno dalle principali borse mondiali. Le banche e le aziende orafe sono gli interlocutori principali di questo commercio e grazie alle recenti crisi del mercato internazionale, l’oro si conferma quale bene rifugio principe con un valore netto raddoppiato soltanto negli ultimi quattro anni. Grazie ad una sempre crescente domanda, poter vendere oro quale materia prima alle fonderie, consente un sicuro ed immediato rientro dei capitali investiti e dei relativi utili.

Diverso invece sarebbe dover vendere gioielli usati al minuto o all'ingrosso; questo richiederebbe un investimento a medio-lungo termine, la ricerca e fidelizzazione dei clienti, nonché la necessità di disporre di un magazzino fornito per offrire una adeguata scelta, con conseguente rientro ridotto di capitale, sia nei tempi che nei volumi. Tutto questo in considerazione della crisi che investe i beni di lusso cui i gioielli appartengono. Le fonderie non hanno nessun interesse ad acquistare gioielli usati e pagare sugli stessi l'IVA, pertanto richiedono ai propri fornitori esclusivamente rottami da destinare alla fusione. A tal riguardo i "compro oro" si adeguano e, pur di vendere alle suddette fonderie, alterano la natura dell'oreficeria acquistata e la commerciano abusivamente quali beni ad uso industriale.

Il boom dei “compro oro” a livello nazionale è un fatto recentissimo, infatti non oltre dieci anni a dietro ad effettuare questo tipo di commercio erano soltanto alcuni operatori ed esclusivamente nelle grandi città, i quali ritiravano i gioielli usati o per rivenderli se di particolare pregio, o per permutarli con oggetti nuovi presso le aziende orafe.

Invece negli ultimi anni, grazie alla totale mancanza di controlli da parte delle autorità, si è assistito ad un incontrollato radicamento di questa idea commerciale su tutto il territorio nazionale, grazie alla convinzione di poter raggiungere facili guadagni con spese d'impianto minime. Questo ha comportato livelli di crisi agli operatori professionali soppiantati nelle competenze, senza che nessuno intervenisse nonostante gli allarmi e gli esposti presentati, da operatori abusivi ed improvvisati.

Trattandosi di oro non è difficile immaginare la facilità con cui attraverso questo mezzo, sia possibile riciclare denaro e proventi di attività illecite. A tal riguardo la legge 7/2000 impose l'obbligo a tutti coloro che intendessero effettuare tale commercio, di effettuare la comunicazione di tutte le operazioni di cessione superiori alle 20 milioni di lire (Euro 10.516,00) proprio in funzione anti-riciclaggio ed anche questa volta puntualmente
 
Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Buon giorno, io più che rispondere vorrei fare un'altra domanda agli esperti.
Come sono regolamentati invece gli affiliati ai vari francyising? specifico meglio la mia domanda: io che voglio affiliarmi ad un francysing di compro oro, devo costituire una srl ed adeguarmi alla normativa per quanto riguarda l'iscrizione all'albo degli opratori professionali?
 
Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Gent.mo Sig. Luca Macinotti, tutto ciò che lei ha espresso io ce l'ho stampato e l'ho recepito. Quello che io vorrei sapere e che lei non ha dato risposta, è :
Gli affiliati ai vari francysing sono tenuti anch'essi a costituire una srl. e iscriversi all'albo degli operatori professionali? Alcuni mi dicono di NO in quanto lo sono già coloro che concedono il loro marchio, quindi io non ho ancora una risposta al mio dubbio. Grazie per la gentilezza, sono in attesa di una sua gradita risposta. Buona domenica.
 
Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Buongiorno a tutti,

Opero nel settore del Compro Oro da febbraio 2010 e volevo dire la mia su tutta questa faccenda che non è chiara e delle volte minatorie da parte di alcuni operatori "professionali" dell'oro.

Innanzi tutto la nostra attività di Compro Oro come ditta individuale si basa sull'acquisto di oreficeria usata o usurata da parte di privati.

Essendo una trattativa tra privati come ben sapete NON è soggetta a I.V.A.

Quindi se a monte non c'è IVA come possiamo essere Evasori di Iva????

La cosa sussiste quando facciam pagare l'iva al cliente e non la versiamo all'erario (questa è evasione). O per quei compro oro che comprano dai privati e poi rivendono al pubblico, in quest'ultimo caso è ovvio che bisogna mettere iva a margine.

Ma per chi compra oro da privati e vende solo (senza rivendita al pubblico) a Operatori professionali dell'oro (banche dei Metalli aut B.I.), rientrano perfettamente nella 7/2000.

Quando effettuiamo la vendita la facciamo solo ed esclusivamente a Banchi dei Metalli aut. dalla Banca di Italia e quindi Operatori oro Professionali.

La natura della merce che noi vendiamo è descritta in ddt e ftr come oreficeria usurata , destinata alla rottamazione fusione ed estrazione del fino.

Del quale noi "compro oro" non ne deteniamo la proprietà e ne tanto meno vendiamo il fino.

Quindi rientra nella legge 7/2000. E' ora di finirla con questo terrorismo mediatico atto solo a scoraggiare imprenditori che intendono operare in questo settore, con lo scopo di preservare gli interessi di chi aveva il "monopolio" negli anni passati.

Coridialità
 
Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Quello del Sig. Mancinotti, al di là delle precisazioni, mi sembra uno sfogo da risentimento; si legge, infatti, nella sua conclusione che i "compra oro" compiono abusi e reati con l'unico intento di eludere l'IVA e di "commerciare in condizioni privilegiate".
A mio avviso chi intende commerciare in condizioni privilegiate è unicamente chi ha interesse a frenare ogni forma di nuova concorrenza.
Per quanto riguarda la presunta evasione dell'IVA bisogna specificare che l'attività del "compra oro" riguarda essenzialmente la compravendita mediante trattativa tra privati di "oggetti usati" non soggetta ad IVA (paragonabile a quella del rigattiere di oggetti antichi).
La mutazione dell'origine dell'oro usato non risiede tanto nella dichiarazione di "oro da rottamare" destinata ai Banchi di raccolta o fusione, quanto nella riproposizione di vendita al pubblico ove è prevedibile la fatturazione del bene.
A questo punto sarebbe auspicabile che un esperto (non di parte) chiarisse,
in modo definitivo,:confused: gli aspetti di questa vicenda.
 
Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Gentile Sig Mancinotti.
Opero da tempo compravendendo oreficeria usata tramite il regime del margine globale o analitico(raramente l'analitico per oggetti singoli), le chiedevo se è di rilevante importanza dover suddividere gli acquisti delle operazioni del singolo bene che superi le ex £ 1000000.
Il 99% delle operazioni di vendita dell'oreficeria usata sono come detto a corpo/massa(con prezzo indistinto sia per acquisto che per vendita) ed includono eventuali singoli beni che superano la su detta cifra, sul registro scarico iva beni usati trascrivo semplicemente l'operazione totale senza riferimenti particolari con ovviamente vendita iva a margine globale.
E' corretta l'operazione o puo' consigliarmi qualche altro dettaglio?
Da una mia deduzione non dovrebbe cambiare nulla, visto che all'erario il calcolo iva su un singolo oggetto(analitico che supera £ 1000000) aggiunta all'altra operazione a margine globale (a massa)sommata è identica.
Gli oggetti che compravendo non hanno mai giacenza superiore ai 10 giorni.
Grazie della sua disponibilità e complimenti per i suoi commenti sul blog.
Saluti
 
Re: Riferimento: Compro Oro: chi rispetta la Legge?

Con il termine rottame si intende una classificazione per destinazione e non per natura. Vale a dire "rottame" non vuol dire "rotto", ma destinato alla rottamazione come più volte ribadito dalla stessa risoluzione 375/2002 e dalla appendice alla dichiarazione I.VA. in materia d'oro.

Dalla risoluzione 375/2002
Cito:

Pagina 1
" In particolare, a seguito dello sviluppo del mercato del c.d. “compro oro”, i commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio di preziosi acquistano da privati oggetti d’oro e d’argento usati, per poi rivenderli, sotto forma di rottami di gioielli d'oro, verghe aurifere o, comunque, oggetti destinati alla fusione, .."

Questo è un passaggio fondamentale: i compro oro acquistano oggetti e vendono rottami. Poiché la compra-vendita in se non cambia (ne può cambiare) la natura del bene, si evince che il termine "rottame" vada inteso nel senso di "destinato alla rottamazione".


Pagina 4
"...si ritiene che con tale espressione il legislatore abbia inteso fare riferimento all’oro nella sua funzione prevalentemente industriale, ossia di materia prima destinata
alla lavorazione, ..."

...

"L’Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.), a sua volta, è del parere che rientrano nella nozione di “materiale d’oro” tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, .. "

"La scrivente ritiene, pertanto, che la predetta vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d’oro o semilavorato"

Pagina5
" ... l’imposta sugli acquisti di rottami di gioielli d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall’art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972, ... "


Vedi anche:
http://www.bancaditalia.it/UIF/altre-funzioni/op-oro
 
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Il termine "Materiale d'oro" ("in rottami di oggetti preziosi usati" puoi anche ometterlo) è un termine tecnico.
Lo si trova all'Articolo 1 comma 1 lettera b) della legge 7/2000. Sta ad indicare l'oro diverso da quello da investimento di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 1, altresì definito oro industriale, altresì definito appunto "materiale d'oro".

Con il termine "oggetto" si intende prodotto finito destinato al consumo finale. Siamo fuori quindi dalla legge 7/2000 e fuori quindi anche dal regime iva del reverse charge ad esso collegato. Quindi se scrivi "oggetti" dichiari che non li destini alla "lavorazione" (fusione), ma alla vendita così come sono. Solo in tal caso allora chi (diverso da un banco metalli) acquista si mette in carico gli oggetti e applica il regime margine.

Nel corso del 2011 la Banca d'Italia ha scritto ed inviato un monito a tutti gli operatori professionali in oro (anche compro oro che esercitano come operatori professionali in oro) di non utilizzare a fini pubblicitari la loro iscrizione alla Banca d'Italia UIF perché per la loro attività non è necessaria l'iscrizione appunto.

I banchi metalli sono obbligati ad acquistare in reverse charge perché così impone loro la risoluzione 375/2002. I compro oro non devono essere iscritti nell'elenco degli operatori professionali in oro nella misura in cui cedono "materiale d'oro" per destinazione" (rottami di oggetti preziosi in oro usati). Lo devono, però, essere nel caso in cui cedano professionalmente materiale d'oro per natura (ciò che già in origine è) (es. lamine) o oro da investimento (es. lingotti).

Il regime del margine non è applicabile nel caso di cessioni ai banchi metalli non solo perché così impone la risoluzione 375/2002, ma anche perché il momento traslativo della proprietà non è la consegna del bene, ma l'accettazione del titolo. Dalla considerazione che l'analisi del titolo viene effettuata dopo la fusione e poiché il regime del margine non si può applicare se si effetua sui beni alcuna lavorazione, ne consegue che il suddetto regime del margine non è applicabile nel caso di ispecie di vendita ai banchi metalli che hanno per attività esclusiva il recupero del metallo puro, non commercializzando quindi in oggetti preziosi.

(cfr. ris. 375E/2002)
"D’altronde, la società istante dichiara di non acquistare i prodotti ancora idonei ad essere venduti come merce finita, dato che opera esclusivamente nel settore del recupero di materiali preziosi e non svolge l’attività di commercializzazione di gioielli."

http://www.bancaditalia.it/vigilanza/regolamentati/albi-elenchi/oporo/faq/

http://www.bancaditalia.it/vigilanza/regolamentati/albi-elenchi/oporo/faq/operatori_oro.pdf
 
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