Riferimento: compatibilità tra libera professione e carica da amministratore
L'art. 3 del nostro Ordinamento Professionale (D.P.R. 27/10/1953 n. 1068) dispone che l'esercizio della professione di ragioniere e perito commerciale é incompatibile con l'esercizio della professione di notaio, con l'esercizio del commercio
in nome proprio o in nome altrui, con la qualità di ministro di qualunque culto, di giornalista professionista, di agente di cambio, di esattore di pubblici tributi e d'incaricato di gestioni esattoriali.
All'atto della richiesta di iscrizione all'Albo, ogni ragioniere abilitato deve rilasciare al Collegio dichiarazione di non trovarsi di alcuna delle suddette cause di incompatibilità, impegnandosi a comunicare tempestivamente il manifestarsi di eventuali situazioni in futuro.
Mentre non si pongono problemi applicativi sulla maggior parte delle cause di incompatibilità previste (notaio, sacerdote, ecc.), non risulta unanimemente interpretata la condizione di esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui.
Questa incertezza e la non uniformità di posizioni ha indotto la Commissione a cercare di approfondire l'argomento, e a divulgare questo documento - che costituisce la terza NORMA DI COMPORTAMENTO emanata dalla Commissione regionale - allo scopo di farsi portatrice di un messaggio di "trasparenza" e di uniformità di comportamento presso i Ragionieri della Toscana.
Le ricerche di giurisprudenza e di dottrina sono state curate in prevalenza dal collega :::::::

Collegio di :::::

e dall'esame della documentazione raccolta possono essere tratte le seguenti sintetiche considerazioni:
* Commercio in nome proprio, si indentifica con l'attività dell'imprenditore commerciale in senso lato (commercio, industria, intermediazione, prestazione di servizi); ne resta esclusa soltanto la figura dell'imprenditore agricolo;
* Commercio in nome altrui, si identifica con il potere di rappresentanza dell'imprenditore (sia nel caso dell'institore, come pure in quello dell'amministratore che agisce in rappresentanza "organica" della società) .
In Giurisprudenza non sono state rinvenute sentenze specifiche per la professione di ragioniere, nè per quella di dottore commercialista, ma soltanto relativamente alle professioni forensi; peraltro la previsione di incompatibilità è formulata in identico modo nell'Ordinamento di tali professioni, e possono quindi essere validamente assunte a riferimento le posizioni espresse al riguardo.
Sull'argomento la Corte di Cassazione ha statuito (sentenza n. 1443 del 24/3/1977) che "é incompatibile con l'esercizio della professione forense la carica di consigliere delegato di una società commerciale".
Il Consiglio Nazionale Forense ha stabilito (15/6/1974) che "la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società per azioni, con poteri di rappresentanza, di firma sociale e di ordinaria gestione degli affari, é incompatibile con l'esercizio della professione forense ed impone la cancellazione dall'Albo professionale"; ed ancora (30/5/1974) come "il professionista che assume la qualità di socio in una società in nome collettivo, che risponda in proprio delle obbligazioni sociali ........., esercita il commercio in nome proprio e non può, per evidente incompatibilità, esercitare la professione forense".
Il Consiglio Nazionale dei Ragionieri é intervenuto sull'argomento con circolare n. 4 del 6 maggio 1983, basata su un parere richiesto al prof. ;;;;;i. In tale documento si argomenta in particolare che:
* Il divieto di esercitare il commercio (in senso lato, come confermato dalla Corte di Cassazione) non è superato dal fatto che l'art. 1 dell'Ordinamento (e la Tariffa Professionale) prevedono fra le attività oggetto della professione l'amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni. Tale contenuto dell'attività professionale ha carattere eminentemente "tecnico" e consiste soltanto nell'esercizio della "competenza tecnica" ausiliaria ai fini dell'amministrazione.
* Eccezioni a tale principio sono ravvisate soltanto nella legge sulle società fiduciarie e di revisione (1966/1939) e nel decreto sulle società di revisione (D.P.R. n. 136/1975) e trovano la propria ragione d'essere nello specifico oggetto dell'attività di tali società. Dette eccezioni non autorizzano a ritenere che esse stiano ad indicare implicitamente una volontà legislativa nel senso di una generale legittimazione dei commercialisti professionisti ad amministrare società. Da ciò deriva l'incompatibilità per un Ragioniere commercialista di svolgere attività di gestione e/o rappresentanza in una società commerciale sia di capitale che di persone.
* La ratio del divieto non va ravvisata soltanto nella opportunità che il professionista non sia esposto al fallimento, ma in altre ragioni sicuramente, tra cui l'opportunità che l'attività economica e quella amministrativa non distolgano il professionista dall'impiego che la legge gli impone (cioè dalla sua funzione istituzionale di curare gli interessi di terzi e non propri).
In base a tali considerazioni, si deve ritenere anche che la professione di ragioniere permanga compatibile con l'attività di "amministrazione" ogni qualvolta questa sia svolta per incarico giudiziale (es.: amministratore giudiziario, ex-art. 2409 c.c.), o difettino nella stessa i presupposti della "gestione d'affari" (es.: liquidatore).
Ciò premesso, considerato in particolare che l'esercizio della professione è una libera scelta del ragioniere, il quale deve essere perfettamente consapevole dei limiti e dei vincoli che tale scelta comporta, ed esaminato anche il Titolo V dell'Ordinamento Professionale in ordine alle conseguenze dell'incompatibilità, la Commissione ritiene di poter schematizzare le seguente regole generali :
1. L'esercizio della professione é incompatibile con lo status di:
* titolare di impresa commerciale individuale o institore della stessa ,
* socio di società di fatto o in nome collettivo,
* socio accomandatario di società in accomandita semplice,
* amministratore unico, presidente o consigliere delegato di società di capitale.
2. L'esercizio della professione rimane compatibile con lo status di:
* imprenditore agricolo,
* liquidatore di società e/o amministratore giudiziario,
* socio accomandante di società in accomandita semplice,
* consigliere di amministrazione senza poteri di rappresentanza di società di capitale,
* socio e/o amministratore di società fiduciarie e/o di revisione, costituite anche sotto forma di società di persone.
3. La situazione di incompatibilità, di per sè, non dà luogo all'apertura di un procedimento disciplinare, quale regolato dagli art. 35 e seguenti O.P., bensì alla cancellazione d'ufficio, ai sensi dell'art. 34 dell'Ordinamento.
* La cancellazione non può essere pronunciata se non dopo aver sentito l'interessato.
* Il ragioniere cancellato dall'Albo ha diritto di esservi reiscritto qualora dimostri la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione.
In conclusione, visto l'art. 3 del D.P.R. n. 1068/1953 e tenuto conto che detta norma é identica a quelle esistenti per altre categorie professionali fra le quali quella forense, nel rispetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 1143 del 24/3/77 e in aderenza alla circolare n. 4 del 6/5/83 del Consiglio Nazionale Ragionieri.