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Anna Maria

Ospite
Buongiorno,
vedo di chiarire quanto espostovi, qualche giorno fa, da Alessandra della provincia di Padova.
Faccio parte della stessa associazione e, in particolare, mi occupo di tutta la parte commerciale di quest'avventura.
Per essere più precisi, rispetto a quanto diceva Alessandra, le cose stanno così:
la nostra è un'associazione di volontariato che ha, per statuto, lo scopo di operare, in ogni modo lecito, per divulgare una cultura di pace, giustizia e solidarietà fra i popoli.
In questa ottica, lo statuto, regolarmente registrato, prevede che i componenti possano avviare iniziative proprie o partecipare ad iniziative intraprese da altri soggetti che condividono la nostra impostazione o, ancora, semplicemente sostenere Enti vari che operino nello stesso campo. Sempre lo statuto prevede che ogni somma introitata dall'Associazione debba essere utilizzata per sostenere le citate attività e, in caso di scioglimento, che tutto quanto di proprietà dell'associazione stessa non vada suddiviso tra i soci ma venga donato ad altri soggetti che operino nello stesso settore e senza fini di lucro. I soci, che possono o no prendere parte attiva alle varie iniziative, versano una quota associativa che, dal mese di aprile di quest'anno, è stata fissata in 15 € all'anno (prima erano 12 €). Queste somme coprono, solo in parte, le spese di affitto ed i consumi del locale, sede dell'associazione, che ospita, anche, la piccola bottega di commercio equo-solidale. Il locale è di dimensioni ridottissime (causa gli alti affitti cittadini è improponibile optare per spazi più ampi nè esiste soggetto pubblico o privato disposto a metterci a disposizione spazi a prezzo "politico"). Con queste premesse si comprende come non sia possibile separare fisicamente gli spazi dove si svolge l'attività "istituzionale" da quelli dove si svolge quelle commerciale.
Ciò non ostante, abbiamo riservato una scaffalatura a tutti quei prodotti che le Associazioni che sosteniamo offrono, normalmente, sui "banchetti" in occasioni particolari e per i quali è fissata un'offerta minima. E' esposto anche un cartello che dichiara la particolare natura e provenienza di quegli articoli nonchè la destinazione dell'intera offerta versata da chi li richiede. Inoltre, non avendo noi alcuna fattura di acquisto dei citati articoli ma disponendo, invece, di elenchi degli stessi, con firma dell'Ente che ce li affida, abbiamo immaginato che, non potendo fare scontrino (come avviene, invece, regolarmente per tutti gli articoli che noi acquistiamo dalle centrali di importazione e rivendiamo con un margine di ricarico - dal 20 al 45 % massimo), sia conveniente emettere una ricevuta non fiscale dalla quale risulta il nome e cognome del donatore (se ritiene di fornirli) la data, la somma donata, l'Ente alla quale è destinata per intero nonchè l'oggetto che gli abbiamo consegnato, ed il timbro della nostra Associazione. Periodicamente le somme raccolte per ciascun Ente vengono versate tramite bonifico bancario e, credo sia importante, tali somme non entrano nella contabilità dell'Associazione: per meglio chiarire non vengono scaricate dalla contabilità come donazioni nostre, noi facciamo solo da tramite. Dunque, il Cliente che acquista articoli del commercio equo e vuole, anche, uno o più degli oggetti degli Enti citati, esce dalla nostra Sede-Bottega con più documenti: uno scontrino fiscale ed una o più ricevute non fiscali a seconda di quali e quanti articoli sceglie fra gli altri. Infine è il caso di precisare che tutti gli Enti, grandi o piccoli, di cui teniamo articoli, rientrano nelle seguenti categorie: ONLUS riconosciute, Comunità Religiose, Ordini Religiosi e che le somme raccolte, per ciscuno, può arrivare, al massimo a 6/700 € all'anno.
Ecco, questa è la situazione. Spero di aver fornito qualche utile elemento in più ma soprattutto, spero in un vostro illuminato parere.
Grazie per l'attenzione

Anna Maria
 
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