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"Utilizzo promiscuo dell’immobile: spese relative all’immobile e spese relative all’utilizzo dell’immobile
E’ opportuno soffermarsi sul trattamento delle spese attinenti l’immobile utilizzato dal professionista promiscuamente come abitazione e come ufficio, attesa la mancata univocità di opinioni in tema di deducibilità di tali componenti negativi.
La dottrina, infatti, sottolinea opportunamente la necessità di operare una distinzione che, a prima vista, potrebbe sfuggire, quale è appunto la distinzione tra spese strettamente correlate all’immobile (quali condominio e riscaldamento) e spese invece che, più che relative all’immobile in senso stretto, sono piuttosto connesse alla sua utilizzazione (utenze in generale).
Stando alla prevalente interpretazione dottrinale, solo la prima fattispecie integrerebbe la definizione di “spese per i servizi relativi a tali beni immobili”, contenuta nel comma 3 dell’art.50, comportando la deducibilità ex lege secondo il criterio del 50%.
Diversamente, per le spese per l’energia elettrica, telefono, riscaldamento, tassa sui rifiuti, ecc., non sarebbe applicabile sic et simpliciter la suddetta modalità forfetaria, ma si dovrebbe far riferimento a criteri obiettivi in grado di definire ragionevolmente e con una certa precisione la quota di spesa destinata all’attività professionale.
Conformemente a questa impostazione, il Ministero delle Finanze, con la risoluzione n.9/90091 del 07.11.1975 della soppressa Direzione Generale Imposte Dirette aveva subordinato la deducibilità delle spese attinenti locali a destinazione promiscua all’esistenza di elementi obiettivi e comprovabili che ne consentano la ripartizione tra utilizzo privato e utilizzo professionale.
Nello stesso documento il Ministero aveva individuato, con riguardo alle spese di riscaldamento, nel numero di elementi radianti il criterio obiettivo cui attenersi per la deducibilità pro-quota delle stesse.
Ventidue anni dopo lo stesso Ministero, in materia di detrazione IVA, con la circolare 24.12.1997, n.328/E ha indicato un altro parametro cui far riferimento per la corretta imputazione specifica delle spese di riscaldamento: la cubatura dei rispettivi locali del fabbricato utilizzato promiscuamente.
E’ abbastanza evidente però che l’applicazione di un criterio analitico di deducibilità in molti casi presenterebbe enormi difficoltà, se non l’impossibilità materiale, per il contribuente chiamato a ripartire le spese promiscue di utilizzazione dell’immobile.
Inoltre, si sottolinea che le istruzioni ministeriali alle dichiarazioni dei redditi da lavoro autonomo (quadro RE, rigo 16 – mod.Unico), per specifiche categorie di spese, quali quelle telefoniche e per il consumo di energia elettrica, dispongono che “se si tratta di servizi utilizzati in modo promiscuo, le spese sono deducibili nella misura del 50%”.
L’applicazione in via generale del criterio forfetario viene ulteriormente ribadita al rigo RE20 in relazione alle altre spese afferenti a beni e servizi utilizzati in modo promiscuo (purchè, naturalmente, inerenti l’attività professionale, effettivamente sostenute e debitamente documentate).
Alla luce di quanto esposto si può dunque affermare che:
· il contribuente può derogare dal criterio forfetario della deducibilità al 50% delle spese in questione (le circolari ministeriali non hanno, infatti, efficacia vincolante), procedendo in modo analitico, sulla base di criteri oggettivi e condivisibili, alla determinazione della quota di spese riferibili all’attività professionale esercitata e, di conseguenza, deducibili dal reddito di lavoro autonomo. In tal caso egli deve però essere in grado di provare con idonea documentazione di supporto il fondamento della propria azione e si espone comunque al giudizio di merito dell’amministrazione finanziaria, prima, ed eventualmente del giudice tributario, poi, nel caso di successiva instaurazione di un contenzioso"