"All'esito della espletata istruzione, il Pretore con sentenza del 16 marzo 1992: 1) dichiarava il
diritto dell'attore alla qualifica di dirigente amministrativo con decorrenza dall'1 dicembre 1970;
2) condannava la societa` resistente al pagamento, in favore dell'istante, di tutte le correlative
differenze retributive, oltre gli interessi legali e la svalutazione, da liquidarsi in separata sede; 3)
dichiarava prescritti tutti i crediti correlativi maturati sino all'11 dicembre 1984; 4) dichiarava
che l'istante aveva maturato, a tutti gli effetti, il diritto alla prosecuzione del rapporto fino al
compimento della massima anzianita` contributiva e, comunque, non oltre il 28 ottobre 1994; 5)
rigettava la richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro; 6) condannava la resistente al
pagamento, in favore di F.C., di una somma pari a ventidue mensilita` dell'ultima
retribuzione, oltre gli interessi e la svalutazione; 7) condannava la societa` al pagamento, in
favore dell'istante, a titolo di indennita` sostitutiva del mancato preavviso, di un'ulteriore
somma pari a otto mensilita` dell'ultima retribuzione, oltre gli interessi e la svalutazione; 8)
condannava la societa` alla rifusione delle spese processuali.
La F.I. s.p.a. interponeva appello con ricorso del 13 maggio 1992 insistendo perche`, in riforma
di detta sentenza, la domanda fosse integralmente rigettata, con vittoria di spese ed onorari del
doppio grado del giudizio.
Reiterava le precedenti eccezioni e difese e, in particolare, censurava la impugnata sentenza
perche`: 1) era affetta da vizi di extrapetizione ed ultrapetizione in quanto essa appellante era stata
condannata al pagamento di una somma pari a ventidue mensilita` dell'ultima retribuzione,
malgrado una siffatta domanda non fosse mai stata formulata; 2) essa convenuta era stata
condannata al pagamento di somme tra loro incompatibili, poiche` per lo stesso periodo erano
stati riconosciuti, in favore dell'istante, l'indennita` sostitutiva del preavviso, la prosecuzione
del rapporto fino al 28 ottobre 1994, il diritto alla percezione di ventidue mensilita`; 3) era
inconcepibile il pagamento dell'indennita` supplementare all'anzianita` in caso di recesso operato
da azienda in crisi; 4) il Pretore avrebbe dovuto riconoscere la prescrizione decennale del diritto
alla qualifica; 5) nel 1989 non sussisteva alcuna norma che riconoscesse il diritto del dirigente
alla prosecuzione del proprio rapporto fino al compimento della massima anzianita` contributiva;
6) dalle risultanze processuali non era emerso che l'attivita` svolta da F.C. avesse natura
dirigenziale.
L'appellato resisteva, chiedendo il rigetto del gravame, con vittoria di spese ed onorari.
Proponeva inoltre rituale appello incidentale affinche`, in parziale riforma della sentenza
impugnata, fosse rigettata l'eccezione di prescrizione quinquennale delle differenze retributive
richieste con il ricorso introduttivo del giudizio, atteso che il rapporto di lavoro de quo, in
quanto dirigenziale, non era assistito dalla stabilita`.
Insisteva, inoltre, perche` fosse dichiarata l'invalidita` del licenziamento in esame, con tutte le
conseguenze di legge, giusta la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di
Cassazione.
Con sentenza depositata il 21 marzo 1994 il Tribunale di Bari accoglieva parzialmente sia il
ricorso principale, sia quello incidentale e di conseguenza riformava parzialmente la decisione del
Pretore. In particolare: 1) dichiarava la nullita` del licenziamento disposto dalla societa` con nota
del 29 giugno 1989; 2) condannava la societa` al pagamento, in favore di F.C., di tutte le
retribuzioni maturate dal 29 ottobre 1989, oltre al danno da svalutazione monetaria e agli
interessi di legge; 3) rigettava per il resto il ricorso proposto da F.C. con atto del 18 novembre
1989.
Avverso la decisione del Tribunale la B.F.I. s.p.a. propone ricorso articolato in tre motivi. Il dott.
F.C. resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale articolato in due motivi.
DIRITTO
Deve innanzitutto essere disposta di ufficio la riunione in un solo processo dei due ricorsi,
proposti contro la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 del codice di procedura civile.
Con il primo motivo del ricorso principale la societa` ricorrente denunzia la violazione e la falsa
applicazione dell'art. 112 c.p.c., nonche` il vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Lamenta che il Tribunale abbia dichiarato la nullita` del licenziamento del dott.
F.C., nonostante che questi non avesse mai chiesto una pronuncia dichiarativa di nullita` o
di illegittimita` del licenziamento e nonostante che il Pretore non avesse mai emesso una
sentenza sulla nullita` o meno del licenziamento.
Il motivo e` infondato.
L'art. 6 del decreto legge 22 dicembre 1981, n. 791, cosi` come convertito dalla legge 26
febbraio 1982, n. 54, dispone che gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per
l'invalidita`, la vecchiaia e i superstiti e alle gestioni sostitutive, esclusive ed esonerativi dalla
medesima, i quali non abbiano raggiunto l'anzianita` contributiva massima utile prevista dai
singoli ordinamenti, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino al perfezionamento
di tale requisito o per incrementare la propria anzianita` contributiva e comunque non oltre il
compimento del sessantacinquesimo anno di eta`, sempreche` non abbiano ottenuto o non
richiedano la liquidazione di una pensione a carico dell'I.n.p.s. o di trattamenti sostitutivi,
esclusivi o esonerativi dall'assicurazione generale obbligatoria.
L'esercizio della opzione cosi` concessa deve essere comunicato al datore di lavoro almeno sei
mesi prima della data di conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia.
La giurisprudenza di questa Corte ha gia` affermato che qualora il lavoratore, pur avendo
esercitato legittimamente l'opzione per la continuazione del rapporto di lavoro, venga
licenziato per il compimento dell'eta` pensionabile, il licenziamento e` nullo (Cass., 20 agosto
1993, n. 8825).
Nel ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al Pretore, depositato il 18 novembre 1989, il dott.
F.C. aveva, tra l'altro, cosi` concluso: "... c) dichiarare che il dott. F.C. aveva ed ha diritto alla
prosecuzione del rapporto fino al 65esimo anno di eta`, e cioe` fino al 28 ottobre 1994; d) per
l'effetto condannare la resistente alla immediata reintegra del ricorrente nel posto di lavoro".
E` evidente quindi che il dott. F.C. ha lamentato la violazione dell'art. 6 della legge n. 54 del
1982 ed ha quindi, sia pure implicitamente, chiesto la declaratoria di invalidita` del
licenziamento che aveva leso il suo diritto; ed anche se non ha espressamente impugnato il
licenziamento e non ha precisato da che tipo di invalidita` fosse affetto, deve peraltro ritenersi che
tale impugnazione fosse implicita nella domanda e che la qualificazione giuridica dell'invalidita`
fosse rimessa alla valutazione del giudice adito.
Con il secondo motivo la societa` denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6 del D.L.
n. 791 del 1981 convertito nella legge n. 54 del 1982. Lamenta che il Tribunale abbia dichiarato
che "il C. era titolare del diritto di opzione alla prosecuzione del suo rapporto di lavoro
dirigenziale fino al compimento della massima anzianita` contributiva" in applicazione dell'art. 6
del D.L. n. 791 del 1981 e abbia condannato la societa` al pagamento di tutte le retribuzioni fino
alla data della sentenza di secondo grado. In tal modo, ad avviso della societa` ricorrente, il
Tribunale non avrebbe tenuto presente che il dott. F.C. e` titolare della pensione di anzianita` n.
058039 a far data da epoca successiva alla risoluzione del rapporto.
Il motivo e` infondato.
Come ha gia` affermato questa Corte, la nullita` del licenziamento, intimato nonostante il legittimo
esercizio per la continuazione del rapporto di lavoro dopo il compimento dell'eta` pensionabile
previsto dall'art. 6 della legge 26 febbraio 1982, n. 54, non viene meno per effetto della successiva
manifestazione della volonta` del lavoratore di fruire del trattamento pensionistico prima del
termine ultimo della protrazione che, secondo la legge, puo` avere il rapporto di lavoro in
regime di continuazione opzionale.
Tale manifestazione, infatti, fa venir meno per il futuro gli effetti della primitiva opzione e
ristabilisce il potere del datore di lavoro di recedere anche a motivo dell'avvenuto compimento
dell'eta` pensionabile; tuttavia non elimina gli effetti dell'opzione gia` verificatisi, compreso
quello del licenziamento intimato "contra optionem" e non comporta la convalida di tale
licenziamento per il principio di non convalidabilita` del negozio nullo posto dall'art. 1423 c.c.
(Cass., 13 novembre 1992, n. 12233).
Con il terzo motivo la societa` ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art.
437 c.p.c.. Lamenta che il Tribunale abbia ritenuto inammissibile la richiesta istruttoria
formulata dalla societa` all'udienza di discussione e tendente ad acquisire con certezza dati da
enti terzi rispetto alle parti in ordine all'epoca di raggiungimento del massimo contributivo da parte
del dott. F.C..
Il motivo e` infondato.
E` vero infatti che scopo della norma di cui all'art. 6 del D.L. n. 791 del 1981 e` quello di
permettere al dipendente il raggiungimento del massimo requisito contributivo; e che pertanto il
diritto di opzione riconosciuto al dipendente viene meno nel momento in cui ha maturato tale
requisito.
Nel caso in esame, tuttavia, la societa` ricorrente non ha contestato sia nel giudizio di
primo grado sia nel giudizio di appello che il dott. F.C. non avesse raggiunto il massimo requisito
contributivo; e solo nell'udienza di discussione dinanzi al giudice di appello ha per la prima volta
richiesto al giudice di accertare se e quando il dott. F.C. abbia raggiunto la massima anzianita`
contributiva; ha cioe` sollecitato l'accertamento di un fatto nuovo che non era stato oggetto di
controversia tra le parti e che giustamente il Tribunale ha ritenuto inammissibile.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il dott. F.C. denunzia la violazione o comunque
l'erronea applicazione dell'art. 2095 c.c.. Lamenta che il Tribunale non gli abbia riconosciuto la
qualifica di dirigente, con decorrenza dall'1 dicembre 1970, nonostante che egli avesse in effetti
svolto mansioni di impiegato di prima categoria con funzioni direttive.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione o, comunque l'erronea applicazione
degli artt. 1362 e seguenti del codice civile.
Lamenta che il Tribunale non gli abbia riconosciuto la qualifica di dirigente, nonostante che, sia il
C.C.N.L. 31 dicembre 1948 sia il C.C.N.L. 4 aprile 1975 per i dirigenti di aziende industriali,
definiscano dirigenti i lavoratori "che ricoprono nell'azienda un ruolo caratterizzato da un
elevato grado di professionalita`, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al
fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell'impresa".
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e debbono essere dichiarati infondati.
Come ha gia` affermato questa Corte, i tratti caratteristici dei dirigenti di aziende industriali e
distintivi rispetto a figure simili, come quella di impiegato con funzioni direttive, sono: a)
l'autonomia e la discrezionalita` delle decisioni e la mancanza di una vera e propria dipendenza
gerarchica; b) l'ampiezza delle funzioni tali da influire sulla conduzione dell'intera azienda (o di un
suo ramo autonomo) e non circoscritte, come nel caso dell'impiegato con funzioni
direttive, a un settore o ramo o servizio o ufficio della stessa (Cass., 5 novembre 1985, n. 5371;
Cass., 21 novembre 1985, n. 5752; Cass., 17 febbraio 1988, n. 1698 e numerose altre).
Sembra a questo Collegio che il Tribunale non riconoscendo al dott. F.C. la qualifica dirigenziale
abbia fatto buona applicazione dei principi giurisprudenziali di questa Corte in materia.
In particolare il Tribunale ha osservato che il fatto che il dott. F.C. a decorrere dall'1 dicembre
1970, sia stato responsabile della "organizzazione meccanografica amministrativa e problemi
fiscali e tributari" e abbia svolto la suddetta attivita` "con responsabilita` diretta e con
discrezionalita` di poteri decisionali per l'attuazione dei programmi stabiliti dall'alta direzione
aziendale" e` del tutto irrilevante ai fini dell'attribuzione della qualifica dirigenziale e "fotografa",
perfettamente la posizione lavorativa di un impiegato di prima categoria con funzioni direttive.
E` sufficiente considerare, ha aggiunto il Tribunale, "che trattavasi della preposizione a un
settore dell'azienda e che F.C. non era deputato a promuovere, coordinare o gestire gli obiettivi
dell'impresa con determinazioni del tutto discrezionali, tali da incidere sull'andamento
produttivo dell'azienda stessa, da concorrere alla sua generale conduzione in senso proprio,
bensi` unicamente a prendere decisioni di mera organizzazione interna, implicanti per di piu` una
discrezionalita` squisitamente tecnica".
In definitiva, ha concluso il Tribunale, il dott. F.C. svolgeva compiti intesi ad assicurare e
migliorare l'efficienza dei servizi o compiti di natura tecnico-professionale non inquadrabili
nella figura del dirigente.
Il Tribunale ha quindi compiuto una tipica valutazione di fatto e il suo giudizio, adeguatamente
motivato e privo di evidenti errori logici o giuridici, non puo` essere sindacato in questa sede di
legittimita`.
D'altra parte il ricorso incidentale deduce genericamente l'erronea e incompleta valutazione delle
prove testimoniali e documentali acquisite in atti, ma non contiene elementi specifici e concreti
che valgano a contrastare quelli utilizzati dal Tribunale ai fini della formazione del proprio
convincimento; in definitiva finisce per sollecitare un riesame del merito della controversia
precluso a questo giudice di legittimita`.
I due ricorsi devono pertanto essere riuniti in un solo procedimento e devono essere entrambi
rigettati.
(Omissis)."