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Cass. civ., sez. lav., 17 marzo 2017, n. 6985
La giusta causa di licenziamento è una nozione di legge che si viene ad inscrivere in un ambito di disposizioni caratterizzate dalla presenza di elementi "normativi" e di clausole generali - correttezza (art. 1175 c.c.); obbligo di fedeltà, lealtà, buona fede (art. 1375 c.c); giusta causa, appunto (art. 2119 c.c.) - il cui contenuto, elastico ed indeterminato, richiede, nel momento giudiziale e sullo sfondo di quella che è stata definita la "spirale ermeneutica" (tra fatto e diritto), di essere integrato, colmato, sia sul piano della quaestio facti che della quaestio iuris, attraverso il contributo dell’interprete, mediante valutazioni e giudizi di valore desumibili dalla coscienza sociale o dal costume o dall'ordinamento giuridico o da regole proprie di determinate cerchie sociali o di particolari discipline o arti o professioni, alla cui stregua poter adeguatamente individuare e delibare altresì le circostanze più concludenti e più pertinenti rispetto a quelle regole, a quelle valutazioni, a quei giudizi di valore, e tali non solo da contribuire, mediante la loro sussunzione, alla prospettazione e configurabilità della tota res (realtà fattuale e regulae iuris), ma da consentire inoltre al giudice di pervenire, sulla scorta di detta complessa realtà, alla soluzione più conforme al diritto, oltre che più ragionevole e consona