Cassazione civ., sez. lavoro Sentenza n. 23426 del 17 Novembre 2016 (PDF -11 pagine)
In caso di fallimento dell'azienda, il lavoratore, qualora il datore di lavoro non abbia pagato la retribuzione (o vi abbia provveduto in ritardo) ovvero non abbia effettuato i versamenti contributivi o, comunque, abbia operato ritenute non dovute, può chiedere direttamente - in via prudenziale o in caso di inerzia dell'Inps nell'esercizio dell'azione ex artt. 93 e 101 della legge fallimentare - l'ammissione al passivo, oltre che di quanto a lui spettante a titolo di retribuzione, anche della somma corrispondente alla quota dei contributi previdenziali posti a carico del medesimo, rispondendo tale soluzione al principio dell'integrità della retribuzione, che, altrimenti, resterebbe frustata senza giustificazione causale alcuna, dovendosi escludere che il curatore, ove l’INPS non si sia insinuato al passivo, possa trattenere dette somme mediante accantonamenti in prevenzione, neppure previsti dalla normativa vigente.
IL CASO
IL COMMENTO
1. Insinuazione al fallimento del lavoratore per retribuzioni e contributi
2. Fallimento e liquidazione del credito al lavoratore
2.1. Orientamenti giurisprudenziali
IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
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