In tema imposte dirette, l’Amministrazione finanziaria è legittimata all’utilizzo dell’accertamento induttivo, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), del DPR n. 600 del 1973, anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - maggiori ricavi o minori costi. Nel caso di società immobiliari tali elementi possono essere rappresentati dalla difformità tra il valore degli immobili indicato negli atti e quello reale (desunto, ad esempio dai valori OMI) o quello di altre compravendite relative ad immobili similari, dal valore dei mutui stipulati superiore a quello risultante in atti nonché dall’antieconomicità delle vendite comunque desunta. Non è sufficiente a fondare l’accertamento la sussistenza di tali elementi in relazione solamente ad un numero esiguo di compravendite. Questo il principio espresso nell'ordinanza della Corte di Cassazione sezione tributaria n. 2778 del 12 Febbraio 2015.
IL CASO
IL COMMENTO
IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA