CGCE, sez. Grande, 2 dicembre 2014, C-148/13, 148/13 e 150/13
L'articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, e l'articolo 13, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, devono essere interpretati nel senso che ostano a che, nell'ambito dell'esame - effettuato dalle autorità nazionali competenti, che agiscono sotto il controllo del giudice - dei fatti e delle circostanze riguardanti l'asserito orientamento sessuale di un richiedente asilo, la cui domanda è fondata su un timore di persecuzione a causa di tale orientamento, le dichiarazioni di tale richiedente nonché gli elementi di prova documentali o di altro tipo presentati a sostegno della sua domanda siano oggetto di una valutazione, da parte di dette autorità, mediante interrogatori fondati unicamente su nozioni stereotipate riguardo agli omosessuali. L'articolo 4 della direttiva 2004/83, alla luce dell'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che osta a che, nell'ambito di tale esame, le autorità nazionali competenti procedano a interrogatori dettagliati sulle pratiche sessuali di un richiedente asilo. L'articolo 4 della direttiva 2004/83, alla luce dell'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che osta a che, nell'ambito di tale esame, le predette autorità accettino elementi di prova, quali il compimento di atti omosessuali da parte del richiedente asilo considerato, il suo sottoporsi a «test» per dimostrare la propria omosessualità o ancora la produzione da parte dello stesso di registrazioni video di tali atti. L'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 e l'articolo 13, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2005/85 devono essere interpretati nel senso che ostano a che, nell'ambito del predetto esame, le autorità nazionali competenti concludano che le dichiarazioni del richiedente asilo considerato manchino di credibilità per il solo motivo che il suo asserito orientamento sessuale non è stato fatto valere da tale richiedente alla prima occasione concessagli per esporre i motivi di persecuzione (la Corte si è così pronunciata nell'ambito di una controversia avente ad oggetto il rifiuto, da parte dei Paesi Bassi, della concessione di asilo richiesto da tre cittadini extracomunitari, i quali avevano addotto il timore di essere perseguitati nei loro rispettivi paesi di origine a causa della loro omosessualità; le loro richieste erano state respinte dalle autorità competenti con la motivazione che il loro orientamento sessuale non era dimostrato).