Integra il reato di molestia o disturbo alla persona anche quello attuato mediante l’invio di messaggi, sotto pseudonimo, tramite internet sulla pagina Facebook della vittima, trattandosi di una community aperta accessibile a chiunque. A chiarirlo la Corte di Cassazione penale che con sentenza 37596 del 12 settembre, dopo aver annullato la sentenza d’appello senza rinvio per intervenuta prescrizione, ha fornito chiarimenti importanti in merito agli elementi costitutivi del reato di molestia. In particolare, i giudici, con riferimento alle molestie realizzate sul luogo di lavoro e in presenza dei colleghi, hanno ritenuto che la redazione di un giornale può considerarsi luogo aperto al pubblico, e che l’invio di messaggi tramite internet, sub specie pubblicazione degli stessi sulla pagina Facebook in uso alla persona offesa, possono dirsi sufficienti ad integrare la condotta illecita.
IL CASO
IL COMMENTO
IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA