Nell'attuale sistema pluralistico delle misure di protezione internazionale, il riconoscimento della protezione sussidiaria non richiede, diversamente da quanto previsto per lo "status" di rifugiato politico, l'accertamento dell'esistenza di una condizione di persecuzione del richiedente, ma è assoggettato a requisiti diversi, desumibili dall'art. 2 lettera g) e dall'art. 14 del d.lgs. n. 250 del 2007. Tale diversità è stata ribadita dalla Corte di Giustizia (Grande sezione, procedimenti riuniti C 175-179/08), in sede d'interpretazione conforme dell'art. 11 n. 1 lettera e) della dir. 2004/83/CE, proprio al fine di evidenziare che l'eventuale cessazione delle condizioni riguardanti il riconoscimento dello "status" di rifugiato politico non può incidere sulla concessione della complementare misura della protezione sussidiaria secondo il diverso regime giuridico di questa misura che si caratterizza, alla luce dell'art. 2 della Direttiva, proprio perché può essere concessa a chi "non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato". Ne consegue che, quando il richiedente sia colpito da un mandato di arresto per fatti commessi durante una manifestazione di protesta, il giudice non può escludere la protezione sussidiaria, senza accertare preventivamente il titolo sulla base del quale è stato emesso il provvedimento restrittivo della libertà personale, limitandosi ad affermare che il ricorrente non risulta essere autore di opinioni politiche o ideologiche contrastanti con quelle del Governo, ma deve verificare se ricorra, per lo straniero, il rischio effettivo di essere sottoposto a pena di morte, a tortura o a trattamenti detentivi inumani e degradanti a causa della misura coercitiva su di esso pendente.